Ha animato la vita culturale romana per tantissimi anni. Poi Federico Scanni, con la moglie Margherita Cristiani, ha scelto l'isolamento di Ventotene per tornare alla terra e alla natura. Dopo 10 anni in mezzo al mare è nel cuore verde dell'Umbria che ha aperto la sua azienda agricola: Casa Vespina.
Lascio la città
“A un certo punto Roma non mi dava più spinte dal punto di vista emotivo e culturale”. Inizia così il racconto di Federico Scanni, per decenni animatore della vita culturale capitolina, con la casa editrice e libreria Fahrenheit 451, Libri in Campo, i molti eventi, il teatro, l'arte, la grande stagione jazzistica della Palma. Poi la decisione di andare via, a Ventotene: “una scelta che sembra estrema: un'isola piccolissima, appena un chilometro e mezzo quadrato, dove d'inverno ci sono 300 abitanti e rimane bloccata per le condizioni del mare”. A quel punto il grande salto è fatto. Che è un salto nel vuoto: “Quando sono sceso non sapevo cosa avrei fatto. E ben presto ho abbandonato l'idea di lavoro. Arrivato ho chiesto, e mi sono chiesto, che si facesse lì”. Ventotene è un fazzoletto di terra circondato dal mare “ho iniziato a conoscerli, li ho vissuti intensamente. Ho cominciato a uscire in mare e pescare, una cosa mai fatta prima, quel che ottenevo magari lo barattavo con un albero di frutta. Ho imparato a pescare, coltivare e raccogliere anche frutti spontanei”. È il racconto di un'economia di scambio, molto diversa da quella cui era abituato. E non solo: “è nato un bel rapporto con i ventotenesi”. Sono stati 10 anni in cui ha imparato moltissimo. “Per esempio che se a Roma 2000 euro al mese erano appena sufficienti, a Ventotene ne bastava un quarto. Perché in città passa tutto attraverso la moneta, mentre ci sono altre vie, dall'autoproduzione, allo scambio, alla capacità di usare al meglio quello che si ha, adeguarsi a quello che si ha”. Se a Ventotene c'era moltissimo pesce sulla sua tavola, oggi, nella campagna Umbra dove si è trasferito da circa due anni (per la mancanza, sull'isola, di scuole superiori per i figli), ci sono funghi, e poi more, castagne e noci che prima non avevano. “Se vengono bene le castagne, è inutile piantare banani” sintetizza.
Federico Scanni, Margherita Cristiani e i due figli
L'agricoltura dell'ascolto
“Con mia moglie Margherita cercavamo un posto meno contaminato possibile” e l'hanno trovato a Casa Vespina, nella campagna vicino a Orvieto: 12 ettari di cui 2 di bosco e due casali da ristrutturare. “Volevamo una parte selvatica: nel nostro approccio all'agricoltura la parte selvatica e quella coltivata sono quasi indistinguibili. Andiamo oltre il biologico, non concimiamo neanche, sono molto influenzato da Fukuoka, anche se non su tutto, per esempio non nei metodi di semina con le palline di argilla” spiega, e aggiunge “penso che la natura, in milioni di anni, abbia trovato equilibri che danno performance che noi non potremo mai avere. Ma spero un giorno di poter trovare un metodo mio”. Che si basa sull'armonia e l'ascolto: “è importante osservare quel che la natura ti dà nel tuo posto, saperla assecondare: mai andarci contro, fare un muro più alto, la natura è più forte. Ci sono sempre un terremoto o un diluvio che possono distruggere le fortificazioni”. È un'eredità di Ventotene: il porto di epoca romana resiste ancora oggi, perché è studiato per accogliere a accompagnare l'onda fino a smorzarla. Senza opporvisi. Il porto moderno, dagli anni '60 a oggi, è già crollato due volte, il mare lo sta mangiando. “Ora so che vale tantissimo quel che capisci di un posto, quanta energia riesci a prendere e quanta riesci a dare”. Insomma: non c'è un metodo unico, ma un metodo in un preciso luogo e in un preciso momento. Che può cambiare anno dopo anno.
I prodotti di Casa Vespina
La lenticchia di Ventotene umbra
“Da Ventotene abbiamo portato fagioli, fave, piselli, cicerchie e lenticchia”. Sono varietà antiche “in alcuni casi dei tempi dei Borboni”, conseguenza dell'isolamento in cui è stata Ventotene, quindi non ci sono ibridi, incroci o manipolazioni. Come stanno rispondendo? “Si stanno adattando, ma anche se il suolo è ugualmente vulcanico, è tutto diverso e noi dobbiamo ancora imparare tante cose: come viene giù l'acqua, o cosa fare nei 20 giorni in cui gela; magari una cosa funziona un anno e non l'anno dopo. Questo” spiega “è un lavoro mai uguale al giorno prima e se uno ha l'animo aperto può fare tante cose: sono un libro in cui vanno scritti un sacco di racconti”.
Lo scorso anno alcune cose sono andate bene, altre male: “le erbe selvatiche hanno soffocato le lenticchie, erano talmente tante e veloci a svilupparsi che non siamo riusciti a fare nulla. Se avessi avuto la monocoltura sarebbe andato tutto bene o tutto male, invece diversifico tantissimo”. Per questo stanno sviluppando diversi metodi. “E poi si impara sempre qualcosa, anche da quel che non funziona. Bisogna cercare una visione più ampia”.
Il logo
Guardare oltre lo specifico
Un orizzonte aperto e tempi più dilatati. “Non bisogna avere fretta” dice, “non è tutto e subito, non bisogna bruciare ogni cosa, ma andare con i ritmi della natura, che ha anche l'acquazzone, la siccità, il gelo che brucia le piante, ma nello stesso tempo uccide molti insetti dannosi”. Si tratta di cercare di vedere oltre lo specifico. “Le mie galline non danno 330 uova come quelle di batteria ma non muoiono dopo un anno e mezzo perché sono consumate, volano sugli alberi, resistono al freddo, al caldo, alle malattie”. Le galline sono di razza nera locale “incroci vecchissimi. Il prossimo anno avremo le nuove generazioni e a breve anche altri animali”. Insieme all'orto, alla frutta, allo zafferano, al grano tenero, al grano duro e al farro - “ma stiamo anche cercando grani antichi da seminare” - con cui producono pasta (in 5 formati per il grano duro, ma c'è anche quella di farro), farine, farro perlato, e da febbraio anche la birra di farro (tutti i prodotti si trovano in azienda, nel negozio Terra Viva di Orcvieto Scalo, e a breve anche a Bagnoreggio e online sul sito, attivo verso la fine di gennaio) . “Stiamo testando diversi mulini in zona, è ancora un work in progress”. Ancora un po' di tempo per le api e il miele: “vengono gli sciami spontaneamente da noi, ma in questo momento non siamo pronti, inoltre vorrei un'arnia naturale, ci vuole tempo”.
Ospitalità e la conoscenza della natura
Anche perché tra le priorità c'è il casale. “Ristrutturare è molto complicato: moltissime pratiche, richieste e procedure, spesso contro ogni logica, ma solo in virtù di un calcolo matematico, magari smentito tra 50 anni. L'edilizia è parte del tempo in cui si vive, che sia quello della costruzione veloce e dei calcoli matematici o quello del buon senso”. Una fatica immane, insomma, raggiungere il proprio obiettivo: solo materiai naturali, locali e di recupero. Una casa tradizionale, ma molto moderna all'interno, per impianti di ventilazione meccanica, riscaldamento a pavimento, e poi stufa a legna (che qui c'è in esubero), cappotto in sughero naturale per coibentare. Pronta tra pochi mesi - da settembre potrà contare su un primo spazio di ospitalità - mentre dal prossimo anno parte la ristrutturazione dell'altro casale destinato completamente all'ospitalità, con un piccolo ristorante con i prodotti del luogo, in gran parte di produzione di Casa Vespina. “Vorremmo che fosse un luogo aperto, dove le persone vengono a prendere frutta verdura, raccontare la propria storia e scambiarsi esperienze con altri che lavorano nella zona”.
Dove ha fallto la cultura
Nessun rimpianto nella vita precedente? “In questo momento credo sia molto più importante cercare di aprire dei percorsi alternativi a un modo di vivere che è autodistruttivo, penso che la cultura abbia fallito da questo punto di vista”. E spiega: “pensavo che attraverso la cultura si potessero fare tante cose, forse lo sguardo non era nelladirezione giusta, bastava guardare più in basso o in alto, alla terra o al cielo. Se hai la capacità di vedere capisci un sacco di cose su di te e gli altri. La natura parla di economia, medicina, società, di cosa stiamo facendo per il nostro futuro”. E forse lo sguardo di cui parla è quello dato anche da una cultura che arricchisce l'animo, non solo il cervello. “Se dovessi raccontare una cosa a qualcuno, oggi, non gli proporrei un concerto ma di andare nel bosco o nel campo a vedere come funziona”.
Casa Vespina | Orvieto (TN) | località Le Macchie 16 | tel. 339 2308282 | casavespina.it/
a cura di Antonella De Santis
Storie di ritorno alla terra. Dal teatro alla campagna, la storia di Tularù