Nell’ambito della nostra ricerca attraverso i vitigni autoctoni italiani, parliamo del catarratto: uno dei più antichi e caratteristici vitigni a bacca bianca della Sicilia.
Storia e territorio
Nel lembo occidentale della Sicilia le origini della viticoltura risalgono a tempi antichissimi. L’area di Mozia venne colonizzata fin dall’VIII/VII secolo a.C dai Fenici, che solcavano il mar Mediterraneo alla ricerca di nuovi scali commerciali. Ancora oggi la zona di Trapani, Erice e Marsala rappresenta una delle regioni d’eccellenza per vini siciliani.
In questo splendido territorio costiero, che si affaccia sull’arcipelago delle isole Egadi, il clima è caldo, secco, mitigato dalle brezze marine e spesso caratterizzato da forti venti. Le esposizioni, che dal litorale salgono verso i primi rilievi montuosi dell’interno, offrono buone escursioni termiche, che favoriscono la produzione di uve dal profilo aromatico intenso. I suoli sono prevalentemente composti di sabbie, calcare e rocce tufacee, terre povere e molto vocate per una viticoltura di qualità.
In questo particolare habitat, la storia e la tradizione del territorio hanno conservato fino ai giorni nostri molti vitigni autoctoni di grande valore. Il catarratto è una delle varietà a bacca bianca, non solo più antiche, ma anche di maggior personalità e carattere. Nei secoli scorsi era prevalentemente utilizzato insieme al grillo e all’inzolia per produrre il Marsala. Il declino del famoso vino fortificato ha portato con sé anche il progressivo abbandono della coltivazione del catarratto a cui sono stati preferiti vitigni internazionali commercialmente più conosciuti e remunerativi. Solo negli ultimi decenni, grazie a una maggiore attenzione e valorizzazione delle uve autoctone vinificate in purezza, il catarratto ha lentamente riconquistato un ruolo di primo piano tra i bianchi siciliani. Oggi rappresenta una delle migliori eccellenze dell’isola e sta finalmente mettendo in luce tutto il suo vero potenziale, per affermarsi definitivamente a livello nazionale e internazionale.
Caratteristiche
Il catarratto è un vitigno vigoroso e produttivo. Le vigne sono tradizionalmente coltivate ad alberello, con potatura corta e pochi grappoli per pianta, in modo da ottenere uve dalla buona concentrazione aromatica. In Sicilia sono presenti due diversi biotipi, il catarratto comune e il catarratto lucido. I due cloni sono piuttosto simili da un punto di vista varietale. Il catarratto comune ha un grappolo alato e produce uve dal grado zuccherino piuttosto elevato, mentre il biotipo lucido presenta grappoli dalla forma tendenzialmente cilindrica, con acini più piccoli e meno coperti da pruina.
Il vino ha un colore giallo paglierino. Il bouquet è caratterizzato da profumi di zagara, gelsomino, erbe aromatiche, agrumi e frutta bianca. Al palato colpisce per la vivace acidità, ben equilibrata da note fruttate e da una nitida vena minerale. Il finale è leggermente ammandorlato. In generale, i vini prodotti con il catarratto lucido si distinguono per un profilo più delicato e fresco.
A tavola trova i migliori abbinamenti con la cucina di mare del territorio. È un compagno perfetto per antipasti, crostacei, secondi piatti di pesce e nelle versioni più strutturate si può abbinare anche a carni bianche delicate.
Produttori
Negli ultimi anni molti produttori si sono dedicati alla valorizzazione in purezza del catarratto. Tra le versioni più fresche e tipicamente varietali, segnaliamo l'Erice Catarratto Calebianche di Fazio Wines, il Catarratto Zafarà di Baglio Oro e il Catarratto Miano di Castellucci Miano. Più complessi e strutturati il Catarratto di Porta del Vento, Catarratto di Nino Barraco, il Sicilia Catarratto Isula di Caruso & Minini, il Catarratto Shiarà di Castellucci Miano e l’Erice Catarratto PietraSacra di Fazio Wines.
a cura di Alessio Turazza
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il pigato clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la garganega clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la cococciola clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il nero d’Avola clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: trebbiano di Lugana clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la lacrima di Morro d’Alba clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la durella clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il carricante clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il grechetto di Todi clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la passerina clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la petite arvine clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il semidano clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il raboso del Piave clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il cagnulari clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la vernaccia di Oristano clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la nosiola clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il frappato clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la nascetta clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: l'asprinio d’Aversa clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il nerello mascalese clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il biancolella clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il prié blanc clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la tintilia clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: la vitovska clicca qui
Per leggere Viaggio tra i vitigni autoctoni: il timorasso clicca qui