Natale uguale tradizione? Sì, certo; ma chi l'ha detto che deve necessariamente essere la nostra? Abbiamo chiesto ad alcuni chef stranieri che lavorano sul nostro territorio di raccontarci un po' delle tradizioni dei loro paesi di origine. E di darci qualche ricetta tipica.
In Russia il Natale si vive con qualche giorno di differenza rispetto all'Italia. “Per anni è stato praticamente abolito: ai tempi di Stalin era vietato anche andare in chiesa per celebrare la festa, e qualcuno lo faceva di nascosto” per questo i festeggiamenti, tradizionalmente, non coincidono con il 25 dicembre. “Il Natale ortodosso è all'inizio di gennaio, si festeggia con l'Epifania” racconta Nikita Sergeev del ristorante L'Arcade. Russo di nascita, italiano di adozione, ci spiega come, nel tempo, si sia diffusa l'abitudine di celebrare come festa principale, la fine dell'anno. “Anche i regali si scambiano a Capodanno” spiega “ma, ovviamente, per le persone più giovani, che non hanno vissuto alcuni momenti della storia russa né ne conservano il ricordo, non è più così, perché hanno fatto propria la tradizione del 25 dicembre”. Trasferitosi in Italia 15 anni fa, stagione più stagione meno, oggi propone nel suo ristorante a Porto San Giorgio una cucina contemporanea, fortemente radicata nel territorio marchigiano, ma rinnovata completamente da spunti che arrivano dritti dritti dalle sue radici: salamoie, fermentazioni, sapori spigolosi e poi allusioni giocose alla cucina pop e tanto altro ancora in un vivace compendio di contemporaneità. Una cucia piena di ritmo, decisamente inconsueta in un territorio che ancora fatica a scostarsi dalla ristorazione vacanziera.
La tavola delle feste
Più che un piatto tipico, c'è una tavola tipica: “il segnale della festa è la tavola riccamente imbandita”, così piena che rischia di rompersi per il peso di tanto cibo. È questo, con una traduzione non proprio letteraria, il modo di dire che definisce la tradizione gastronomica delle grandi occasioni. L'opulenza è sintomo di festa. E la tavola è il palcoscenico privilegiato in cui si allestisce un ricchissimo antipasto formato da diverse pietanze portate tutte insieme. È il Mizet alla russa. Che riunisce frutta (specialmente mele) e verdura in salamoia, germogli di aglio, cetriolini e altri vegetali marinati, pesci conservati, salmone affumicato, aringhe, trote. E poi tante insalate, soprattutto di tuberi: patate, carote e gli altri prodotti che dona la terra nei freddi inverni russi. Nell'antipasto tradizione i pirog, una specie di torta salata, di diverse dimensioni (anche monoporzione) e farciture: pollo, riso, pesci di fiume sono le più comuni.
Un piatto immancabile è l'insalata Olivier: una specie di insalata russa a base di carne, un tempo preparata per lo zar: con colli di tordi, lingue di galli, filetto, ma esistono diverse varanti, anche con chele di granchio, scampi e altri bocconi prelibati serviti con una ciotola di maionese in cui intingerli; e una specie di aspic realizzato cuocendo in acqua alcuni tagli di carne ricchi di collagene, fino a ottenere un brodo denso e gelatinoso con cui coprire la carne disossata. Lo stesso aspic si trova anche di pesce. Ad accompagnarlo salsa al cren.
I secondi
Dopo tutti questi antipasti si serve un secondo, “ovviamente non lo chiamiamo secondo” dice Niki “ma piatto caldo. Nella mia famiglia si preparavano di solito dei volatili, anatra o oca, cotti interi al forno, insieme alle patate confit cotte intere nel grasso dello stesso animale”. I pesci, sempre preparati interi, sono riservati ad altre ricorrenze, compleanni e matrimoni: d'inverno si prediligono cibi più grassi. Come pesce di acqua dolce o carne di maiale. Una ricetta tipica è con il maialino da latte. “A vederla ricorda una specie di porchetta” racconta Niki. “il maiale viene disossato, ma lasciato intero, con la testa e coda, e poi farcito di grano saraceno cotto e ripassato con verdure, aglio e pancetta affumicata. Una volta riempito viene cucito e cotto al forno”. Le carni si portano al tavolo intere, sono presentazioni opulente e molto suggestive e trasmettono una magnificenza, che in qualche modo si può ricondurre ai tempi dello zar. Perché la festa è ricchezza. Una volta a tavola, il maialino si serve a fette accompagnato da salsa piccante al cren o, ancor meglio, una salsa di mirtilli di palude leggermente amara e acidula.
1 maialino da latte
1 kg grano saraceno tostato
500 g cipolla dorata
300 g guanciale affumicato
alloro, cumino, paprika, sale, pepe bianco
Cuocere il grano saraceno facendolo bollire in acqua. Una volta cotto, scolare al dente e passare in padella in cui è stato precedentemente fatto un soffritto con le cipolle tagliate finemente e il guanciale.
Lavare il maialino, farcirlo con il grano saraceno, salato, speziato e pepato.
Cucirlo, appoggiare su una teglia da forno e cucocere a 160ºC per 6 ore, avendo cura di irrorarlo con il liquido di cottura.
a cura di Antonella De Santis
L'Arcade | Porto San Giorgio | via Giordano Bruno, 76 | tel. 0734 675961 | http://www.ristorantelarcade.it/