Due delle più celebri regioni vinicole d'Oltralpe ottengono il riconoscimento dell'organismo internazionale e raggiungono in lista Bordeaux e Saint-Emilion. Merito di una storia secolare e di una cultura vinicola che ha preservato terroir famosi in tutto il mondo, determinando il successo sul mercato globale del metodo champenoise e di molte prestigiose etichette borgognone.
Dom Perignon e le orgini del metodo champenoise. Tra storia e leggenda
Le sue origini risalgono al XVII secolo, quando la produzione vinicola nella regione della Champagne intraprende una strada lastricata di successi che porterà le bollicine francesi affinate nelle cantine dell'area transalpina a Nord di Parigi al vertice del mercato internazionale. È una storia che si confonde con la leggenda quella di Dom (Pierre) Perignon, il monaco benedettino che per oltre quarant'anni, a cavallo tra Seicento e Settecento, in qualità di cellario dell'abbazia di Saint-Pierre d'Hautvillers si occupa di vigne, torchi e cantine: a lui è attribuita la selezione delle uve migliori di pinot noir, a lui l'affinamento delle tecniche di cantina e la scoperta (probabilmente accidentale) della presa di spuma, a lui il primo utilizzo dei tappi in sughero (che sostituivano quelli in legno utilizzati fino a quel momento) e le prime riflessioni sulla rifermentazione in bottiglia, con la conseguente produzione di anidride carbonica.
La Champagne patrimonio dell'Unesco
Che la messa a punto del metodo champenoise sia o meno da attribuire al monaco leggendario, ciò che nessuno può negare alla regione della Champagne sono più di tre secoli di produzione su un terroir vocato che oggi l'Unesco riconosce come paesaggio organicamente evoluto, per le sue qualità culturali, storiche e paesaggistiche ancor prima che produttive. Una rete di vigneti, cantine e prestigiose maisons che annovera luoghi di culto come l'avenue di Champagne a Epernay, dove si allineano le boutique dei grandi marchi che tutto il mondo ha imparato a conoscere, ma anche il caratteristico profilo dei coteaux, i pendii collinari coltivati a vite, e le storiche cave di Saint-Nicaise a Reims, da secoli destinate alla conservazione delle bottiglie.
Correva l'anno 2012 quando l'Associazione dei paesaggi dello Champagne presentava ufficialmente – dando seguito a un iter avviato nel 2006 - al Comitato dei beni francesi la proposta ufficiale per la candidatura del “sistema” Champagne a patrimonio mondiale dell'Unesco, in virtù del suo valore universale e eccezionale. Ora, con voto all'unanimità, il sigillo dell'Unesco è arrivato a celebrarne la storia e la soddisfazione dell'Associazione è affidata alle parole del suo Presidente, Pierre Cheval, che negli ultimi otto anni ha guidato il progetto e non può che festeggiare il riconoscimento. E ne ha ben donde, considerando la crescita dell'enoturismo internazionale (già particolarmente vivace) che riguarderà l'intera area a seguito dell'entrata in lista (come è successo qualche mese fa nella regione vinicola di Langhe e Monferrato).
I vini di Borgogna. Un premio all'unicità dei terroir
Ma a festeggiare è anche la Borgogna, ancora un grande nome nel novero della viticoltura francese. In questo caso il riconoscimento dell'Unesco pone l'accento sul ruolo del terroir, quella specifica identità conferita alla vino dalla somma di elementi naturali e culturali, dal clima alla qualità del terreno, dalla lavorazione in vigna alla tecnica di cantina, che garantisce il persistere di una viticoltura microparcellizzata fatta di piccoli domains, vanto dei produttori borgognoni. Più precisamente l'organizzazione internazionale vigilerà sulla tutela dei vigneti di Nuits e Beaune, sulle colline e sud di Digione (anch'essa riconosciuta per il suo ruolo nello sviluppo di una cultura vinicola che affonda radici nel Medioevo), che “conferiscono al vino un carattere unico in funzione della natura del terreno, dell'esposizione al sole e al vento, del lavoro umano” si legge nella decisione. In passato la Francia aveva già ottenuto il riconoscimento per Bordeaux e Saint-Emilion.