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I volti di Gourmet. Enzo Coccia

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A Enzo Coccia va il merito di aver cominciato a parlare di pizza in tempi non sospetti, quando questo piatto stava cominciando a perdere la propria identità. Tra ricerca e studi ha portato in alto il nome di questo prodotto che da piatto di battaglia e cibo più imitato al mondo è diventato un concentrato di tecniche e qualità.

Enzo Coccia

Si auto definisce un artigiano al servizio di una delle attività più antiche di Napoli. In una sola parola: un pizzajuolo. Parliamo di Enzo Coccia, classe 1962 e una passione iniziata da ragazzino, quando aiutava il padre Antonio nella pizzeria di famiglia in piazza Garibaldi. Pizzeria che ha lasciato nel 1994, per intraprendere la sua strada, volta alla ricerca e allo studio delle materie prime. E per aprire la sua pizzeria La Notizia. Difensore instancabile della qualità, si è battuto nel processo di certificazione della pizza napoletana come Specialità Tradizionale Garantita, riconosciuta dall’Unione Europea nel 2009. Ha fondato una società di consulenza e formazione, Pizza Consulting, per insegnare il mestiere e difendere la pizza da false e cattive imitazioni. Nel 2001 ha aperto una seconda pizzeria nella stessa via della precedente, per offrire nuovi orizzonti gustativi, favorendo l’innovazione e avviando così la strada alle pizze meno classiche. Il fil rouge che unisce i due locali rimane però unico: portare a tavola un prodotto popolare, accessibile a tutti, ma allo stesso tempo capace di farsi espressione di una cucina raffinata e d'eccellenza. Non a caso, la sua storia è stata ripresa dal New York Times al Daily Telegraph, dal Wall Street Journal a Le Monde. E sempre non a caso, sarà presente il 15 novembre a Gourmet Expoforum per parlare di “La pizzeria oggi: forma, contenuti, obiettivi e qualità” assieme a Massimiliano Prete e Patrick Ricci.

A che punto è lo stato dell'arte delle pizzerie italiane oggi?

Nell'ultimo quinquennio c'è stato un grande miglioramento dal punto di vista qualitativo, sia nella ricerca degli impasti e dei prodotti, sia nel porsi sul mercato in una veste nuova, volta per l'appunto alla qualità.

Punti critici?

Conosco abbastanza bene l'ambiente, ci lavoro da ormai 40 anni, e non c'è mai stata un'organizzazione aziendale. Compare solo il pizzaiolo ma, dietro di lui, il vuoto. Non c'è uno staff, una gerarchia, una brigata, una gestione della sala. In tutti questi anni quasi nessuno ha avuto una visione globale e imprenditoriale della pizzeria. Scommetto che se si domanda a qualsiasi pizzaiolo qual è il costo del food in un anno, o quello del personale, quasi nessuno saprà rispondere. In definitiva il settore soffre di pressappochismo.

Cosa c'è da fare ancora nell'ambito della formazione?

C'è da fare tanto! Esistono pizzaioli mediatici che non conoscono nulla di olio extravergine di oliva, per esempio. Non sanno qual è la differenza tra un fruttato intenso e un leggero, non sono preparati nemmeno sul tipo di cultivar o sulla zona di produzione.

Gli obiettivi principali della formazione?

Si dovrebbe approfondire qualsiasi argomento che in qualche modo tocca la preparazione della pizza, dai tipi di abbinamenti (anche con i vini) alle farine utilizzate. In tal senso tutte le associazioni esistenti dovrebbero lottare per ottenere il giusto spazio nelle scuole alberghiere poiché non bastano i pochi mesi di formazione che oggi si fanno. È necessario un vero e proprio triennio perché i temi da affrontare sono davvero tanti.

In Italia esistono scuole valide?

Per stendere la pizza sì, per tutto il resto no. C'è ancora da lavorare dal punto di vista gestionale (come detto sopra) ma anche dal punto di vista scientifico. Si parla tanto di impasto ma non si affrontano mai alcuni argomenti come la propagazione di calore nel forno a legna, il tipo di grano usato per la farina o il valore del pH dell'acqua. C'è un mondo da studiare.

Cosa c'è da fare ancora nell'ambito dei format?

Non bisogna mai dimenticarsi che abbiamo a che fare con un prodotto artigianale, e se perde questa sua caratteristica tutto il resto non ha più alcun valore. Quindi ben vengano tutti i format, a patto che mostrino le caratteristiche di un prodotto artigianale e non brandizzato.

Dalle sue esperienze all'estero, dalla Cina all'Ucraina, come viene percepita la pizza italiana?

Come un prodotto di altissima qualità che tutti vorrebbero e tutti ci invidiano. È simbolo di bontà, semplicità, eccellenza.

Quella che conoscono è la vera pizza o un surrogato?

Nel 1995 per la prima volta ho partecipato a Pizza Expo a Las Vegas, da allora a oggi si è fatto molto per esportare la vera pizza napoletana anche se, rispetto all'enorme quantità di pizza che si mangia nel mondo, c'è ancora tanto da lavorare.

Pizza napoletana? È stato un lapsus?

Volevo dire pizza italiana. Ma è innegabile il fatto che negli Usa cerchino quella napoletana.

Il brand pizza napoletana traina tutto il comparto?

Sì, anche se ci sono esempi di pizze alla pala, al taglio o gourmet eccezionali. Penso alla pizza al taglio di Gabriele Bonci o a quella gourmet di Simone Padoan.

Ha ancora senso parlare di pizza gourmet?

No, almeno finché non si capisce quali sono i contesti in cui è doveroso utilizzare il termine “gourmet”. Per essere gourmet non bastano i topping stagionali o la proposta del menu degustazione. La vera pizza gourmet è il risultato del percorso fatto da un Simone Padoan per esempio.

Pizza e alta cucina sono compatibili? Ha un senso l'avvicinamento dello chef al pizzaiolo?

No per niente. Sono due mondi totalmente diversi che non possono viaggiare insieme. Uno chef ha una competenza a 360 gradi, mentre noi pizzaioli facciamo un monoprodotto.

Uno chef non può trasmettervi stimoli nuovi?

Dall'alta cucina possiamo imparare alcune cose, come l'organizzazione della brigata, della cantina o della sala. O come la conoscenza di alcuni prodotti, che poi possiamo poggiare sul disco di pasta. Ma uno chef non può dirmi come fare la pizza.

Cosa dire a un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera?

Abbiate pazienza, ci vuole tempo per arrivare. Simone, Gabriele ed io lavoriamo nel settore da almeno 20 anni...

Gambero Rosso compie 30 anni. Come vede la pizza e le pizzerie tra trent'anni?

Innanzitutto spero che il Gambero, che ha dato un importante apporto alla crescita del comporto, ci assista per altri 30 anni!

Tornando alla pizza?

Rimarrà un prodotto di qualità accessibile a tutti. Discorso che a mio avviso si può estendere alla cucina in generale: sempre di più orientata sulla qualità dei prodotti e sull'accessibilità, magari rinunciando ai vari orpelli, come le tovaglie per esempio.

 

La Notizia | Napoli | via M. da Caravaggio, 94a | tel. 081 19531937 | www.enzococcia.it

La Notizia | Napoli | via M. da Caravaggio, 53 | tel. 081 7142155

 

Gourmet 2016 | Torino | Lingotto Fiere, padiglioni 2 e 3 | dal 13 al 15 novembre | Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito www.gourmetforum.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

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