Al Mercato comunale di Piazza XXIV Maggio, Milano, tutti aspettavano l’apertura del minuscolo laboratorio di panetteria, per fare il paio con la Macelleria Popolare. E invece Zen stupisce con una doppia novità: il negozio (con cucina) di formaggi a latte crudo. Ecco come vanno le cose a due settimane dall’apertura.
Zen in Darsena
Il progetto in fieri, se non proprio agli inizi, l’avevamo anticipato ad aprile, lasciando la parola, anche in video, a un entusiasta Giuseppe Zen, e alla sua capacità – come poche – di affabulare con racconti di artigiani e molini, cucine popolari e prodotti scovati sul territorio, da appassionato “qual è un collezionista di farfalle, che spesso finisce per saperne di più persino di chi quelle materie prime le lavora tutti i giorni”. Allora, era l’inizio della primavera 2016, il patron visionario di Mangiari di Strada, sosta gastronomica obbligata della periferia milanese in quel di Lorenteggio, si apprestava a trasformare un piccolo box del Mercato Comunale della Darsenain un laboratorio di panificazione naturale concepito per entrare a regime in un cubo di circa 13 metri quadri, esposto al passaggio (numeroso!) del pubblico di piazza XXIV Maggio. E quello che sarebbe stato di lì a pochi mesi - un progetto orientato in primis alla produzione, e poi al commercio e alla distribuzione “perché il mercato torni a dar voce all’artigianalità, abbandonando le più recenti dinamiche commerciali senz’anima” – era già scritto a chiare lettere nella sua testa. Che proprio in Darsena aveva già saputo esportare la filosofia dei Mangiari dietro al banco della Macelleria Popolare.
Il Panificio Italiano
Ecco perché, trascorsi meno di sei mesi, siamo di nuovo a parlare di Giuseppe Zen e dell’audacia che lo sta portando a colonizzare il mercato della Darsena, letteralmente. Non una, il Panificio Italiano, ma ben due attività sono le gradite new entry che da un paio di settimane accolgono chi si avventura tra i box: soddisfazione garantita dal marchio di fabbrica di Giuseppe Zen, un imprinting che è impossibile non riconoscere. Così mentre al panificio ferve l’attività, la sorpresa arriva dalla formaggeria con cheese bar che ha alzato la saracinesca poco più in là, a completare un’ideale triangolazione di gusto con forno e macelleria. Ma cominciamo dal panificio, che già sta regalando belle soddisfazioni: “In quello scrigno c’è tutta la carica energetica di uno spazio senza luogo” racconta Zen “potremmo trovarci a Tokyo o a New York, a Berlino o a Milano, ciò che conta è che facciamo cose magnifiche. E visto gli spazi ristretti che ci ospitano possiamo davvero parlare di un pane amoroso”.
Nel mini-laboratorio si muovono in due, giocando con gli incastri, la produzione è ridotta e alle 15 il pane in vendita è già finito, nonostante il box sia aperto con orario continuato dalle 9 alla mezzanotte, lunedì escluso. Intanto si sfornano già le schiacce modicane e il pane per la Macelleria, “che fino a ieri ci portava Davide Longoni e ora siamo in grado di produrre da soli”, nella direzione di una naturale sinergia tra attività diverse e complementari, accomunate dal desiderio di mettere le mani in pasta e tornare a produrre il cibo. Non a caso sono molte, ed estemporanee, le idee che bollono in pentola, e il panificio garantisce ogni giorno qualche sorpresa, a patto di presentarsi all’appello mattinieri.
R(esistenza) Casearia. Formaggeria e cheese bar
Qualche passo più in là, il concetto di artigianalità torna a manifestarsi all’ennesima potenza, offrendo al primo sguardo un catalogo di prodotti d’autore che solo “chi ha voglia di mettersi in macchina per esplorare alpeggi, fiere contadine e piccole realtà remote” è in grado di concentrare in un unico spazio: “Il nostro è il primo negozio in un mercato, che vende esclusivamente formaggi a latte crudo. Questo significa che il 98% dei prodotti che trovate in vendita sono realizzati con latte non pastorizzato d’alpeggio e senza fermenti aggiunti”. E che ancora una volta la missione è centrata: “Alla formaggeria diamo spazio alle persone e non agli individui, al saper fare atavico e all’attitudine al lavoro artigianale”. La selezione è frutto di 30 anni passati in giro per gli alpeggi: ci sono il bitto di Mosè (il casaro che lo produce) e il Casentino ennese, lo Stichelton (l’unico Stilton a latte crudo) e il parmigiano invecchiato 10 anni di Giorgio Bonati, il taleggio a latte crudo o il Vacherin in arrivo dalla Svizzera che “abbiamo aspettato per tre anni”. La trasferta ad Asiago in occasione dell’ultimo Made in Malga ha rinvigorito la “collezione”, ma Zen è un abituée di queste manifestazioni, che lo aiutano a prendere contatto con le più autentiche realtà casearie (“un’altra occasione ghiotta è il festival del formaggio di Campo Tures organizzato da Martin Pircher”).
Assaggi, vini naturali e cucina
Ma la formaggeria è anche cheese bar, nel senso che al banco si assaggia a qualsiasi ora, in accompagnamento con un calice di vino, tutti naturali, molti pregiati, “una carta di circa 150 etichette che ci divertiamo ad aprire per i clienti a prezzi popolari, mi piace definirlo mecenatismo enoico”. E del resto anche per la sua ultima creatura Zen ha trovato il nome perfetto: R(esistenza) casearia. Presto, tra qualche giorno, si comincerà anche a cucinare: per ora i clienti si coccolano con una polenta concia a otto file delle Langhe con burro dei pascoli veronesi (ma di burro in degustazione se ne contano almeno tre o quattro varietà, “e nessuno assomiglia all’altro”). A breve arriveranno tagliolini al triplo burro e risotto al Castelmagno, crema di mascarpone di Valcamoggia, cassata monacale e tiramisù della casa. Insomma, si mangerà in formaggeria come in macelleria pochi passi più in là, secondo l’estro del giorno.
Artigianalità al mercato. Un progetto globale
Unico rimpianto? L’impossibilità, per il momento, di disporre di qualche tavolino: “Ho già fatto domanda quattro volte al Comune, che purtroppo si muove a rilento”. Ma qualche ostacolo non ferma la corsa di Zen: “Il mio è un progetto globale che è già in essere, ma proseguirà per ristabilire la priorità di un mercato popolare, il suo ruolo di intermediario tra artigianalità di livello e pubblico”. E in questa direzione ogni lasciata è persa, “se in futuro dovessero liberarsi altri spazi l’intenzione è quella di rilevarli, perché la gente smetta di comprare dei semplici prezzi e cominci a ragionare di cultura del cibo”. E chiosa: “Che Dio benedica Farinetti! Con tutte le riserve del caso, se è riuscito lui a promuovere il made in Italy all’interno di un finto mercato, perché non dovremmo farlo noi che abbiamo un mercato vero a disposizione?”. Dategli torto, se ci riuscite.
Macelleria Popoplare, Panificio Italiano e R(esistenza) Casearia | Mercato della Darsena | Milano | piazza XXIV Maggio | www.mangiaridistrada.com
a cura di Livia Montagnoli