Il testo è stato revisionato dallo chef Pietro Zito di Antichi Sapori, Andria
La Puglia è una di quelle regioni in cui si trova un po' di tutto: la sua cucina è varia, grazie alla sua estensione geografica e all’affaccio su due mari. Così, chi si visita l’entroterra potrà godere del sapore delle carni e della pasta fatta in casa, mentre chi sosta sul mare potrà assaporare i piatti a base di pesce. Ma quella del tacco d'Italia è una tradizione gastronomica ricchissima e varia. Per conoscerla, ecco l’Abc della cucina pugliese.
Acquasale
Partiamo da quello che oggi è considerato un antipasto, ma che in tempi passati costituiva un vero e proprio pranzo per pescatori e contadini, che dovevano passare fuori casa la gran parte della giornata: l’acquasala. È una sorta di panzanella che si prepara con pane pugliese raffermo o biscottato e ammollato nell’acqua, cipolla, sale, pomodori e origano. Le sue origini risalgono alle crociate: pare che i pugliesi usassero offrire l’acquasala ai guerrieri cristiani in procinto di partire dai porti della regione.
Bombette
Piatto tipico della Valle d'Itria e in particolare della zona di Taranto, le bombette pugliesi sono involtini di capocollo di maiale ripieni di formaggio canestrato pugliese, sale, pepe e prezzemolo. Ne esistono molte varianti: all’interno spesso si aggiungono anche salumi o peperoncino. Si cuociono sulla brace, anche se tradizionalmente venivano cucinati proprio dai macellai, nel retrobottega: oggi sono diventati uno street food molto amato.
Cacioricotta pugliese
Un prodotto che prende il nome dalle tecniche miste che servono a prepararlo: in parte sono quelle del formaggio, in parte quelle della ricotta. Solitamente prodotto con latte di capra o pecora, anche se talvolta, per esempio nella zona di Bari, si trova anche a base di latte di mucca. Si consuma fresco, con una maturazione di 2-3 giorni, oppure con una stagionatura che varia fra i due e i tre mesi e un gusto più salato. Si trova in varie stagioni ma il momento migliore per la sua produzione è la tarda primavera o l’inizio dell’estate: malgrado la resa del latte sia minore che negli altri periodi, l’erba secca mangiata dagli animali conferisce al formaggio un sapore più deciso. (Ne abbiamo parlato qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025089-abcheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-caciocavallo-podolico-e-cacioricotta-pugliese)
Canestrato pugliese
Tipico delle zone di Foggia e di Bari, il canestrato pugliese è un formaggio a pasta pressata non cotta, ottenuto da latte intero di una specifica razza di pecore, la gentile, che pare derivi dalla razza merinos: queste si nutrono quasi esclusivamente di erba fresca. Il prodotto lega la Puglia all’Abruzzo: il periodo migliore per realizzarlo va da metà dicembre a maggio, cioè quando le mucche vengono portate in transumanza dalle montagne abbruzzesi al Tavoliere. Il suo nome deriva dai tipici canestri di giunco realizzati tradizionalmente in Puglia: nella versione più fresca, stagionato mediamente 90 giorni, viene abbinato a verdure e frutta, mentre quella più stagionata è più adatta a essere grattugiata sulla pasta o inserita all’interno degli involtini.
Cavatelli e orecchiette
Due delle paste fresche simbolo della regione: certamente non le uniche, ma sicuramente fra le più celebri. Le orecchiette pugliesi tipiche della zona di Bari risalgono a un periodo fra il XII e il XIII secolo. La ricetta più tipica le vuole con le cime di rapa, ma spesso si trovano anche con broccoli e altre verdure, oppure con il ragù. I cavatelli vengono dal Molise, ma furono “esportati” in Puglia molto tempo fa, tanto da diventare parte del patrimonio gastronomico della regione. Sono fatti con un impasto di semola di grano duro e acqua, a volte con aggiunta di patate: hanno una forma allungata con una incavatura all'interno. Anche in questo caso vengono preparati con verdure come broccoli o funghi cardoncelli, oppure al sugo.
Ciceri e tria
Antica ricetta salentina, al centro di un rituale antico quanto affascinante, chiamato le Tavole di San Giuseppe, in cui alcune famiglie benestanti dei vari paesi allestiscono banchetti per i meno abbienti della comunità, durante i quali interpretano i santi. Il nome deriva dalla parola araba itriyah, che vuol dire pasta secca, ma sono conosciuti anche come Massa di San Giuseppe, proprio per il legame con la festa del 19 marzo. È un piatto realizzato con i ceci lessati, la pasta tria - fatta con semola di grano e acqua - e i frizzuli, cioè parte della pasta tria fritta in olio extravergine d’oliva.
Lampascioni
I lampascioni sono piante erbacee appartenenti alla stessa famiglia degli asparagi, conosciuti con molti nomi: cipolla canina, cipollaccia turchina, cipollaccio col fiocco o giacinto dal pennacchio. Il nome scientifico è muscari comosum e la parte commestibile è quella in cima, che assomiglia ad una cipolla. Hanno un sapore particolare: la decisa nota amara iniziale si trasforma in un retrogusto più rotondo e delicato sul finale, mentre l’odore è dolciastro e aromatico. A causa della complessità del loro sapore si cucinano in maniera molto semplice: in padella, nella frittata, oppure marinati con l’aceto.
Muschiska
Prodotta a Foggia, in particolare nei comuni di Rignano Garganico e Sannicandro Garganico, è una ricetta a base di carne di pecora, capra o vitellone, condita con sale, aglio e finocchio e messa ad essiccare al sole per due o tre settimane. Si mangia sia cotta sulla brace che cruda: il suo nome deriva dall’arabo mosammed, che vuol dire “cosa dura”. Secondo l’età dell’animale scelto il suo sapore varia: più delicato se l’animale è giovane, più rustico e sapido se l’animale è più maturo.
Pallone di Gravina
Il Pallone è un formaggio semiduro a pasta cruda filata, prodotto con latte bovino crudo, originario di Gravina ma prodotto anche nelle Murge e in Basilicata. Legato al percorso della transumanza, in cui Gravina rappresentava una sosta quasi obbligata per i pastori, ha una forma tondeggiante e si produce da gennaio a marzo: può essere consumato fresco, dopo 3 settimane, oppure stagionato, dopo 3 o 4 mesi, quando assume una leggera nota piccante. In Puglia si consuma da solo, come antipasto, o all’interno di panini e pucce.
AAAAAAAAAAAAAAAAPane di Altamura
Il pane di Altamura è un prodotto DOP realizzato rimacinato di semola di grano duro di diverse varietà: appulo, arcangelo, duilio, simeto. Queste tipologie sono prodotte nell’area fra i comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge: ha una crosta molto croccante e una mollica soffice di colore giallo paglierino. Ne esistono due versioni: la prima è alta, accavallata e viene chiama U sckuanéte (pane accavallato), mentre la seconda è più bassa ed è chiamata A cappidde del padre de simone (cappello di prete a falda larga).
Pasticciotti
Dolce tipico salentino, è fatto di pasta frolla cotta in forno, ripieno di crema pasticciera e spennellato di tuorlo d’uovo sulla parte superiore. La nascita del prodotto risale almeno all'inizio del Settecento e nei secoli ne sono state inventate diverse varianti, fra cui quella dedicata al presidente Obama dopo la sua elezione. I salentini lo mangiano appena sfornato: l’ideale per gustare appieno del sapore e della fragranza del dolce. Spesso si consuma al mattino presto come parte della prima colazione.
Puccia
Pane di semola morbido e rotondo di origini salentine, frequentemente si trova in una versione che prevede, nell'impasto, anche pezzi di pomodoro, cipolla e olive, la puccia è ormai famosa ben oltre i confini pugliesi. Si produce anche in altre zone della regione e assume nomi diversi secondo la provincia: a Foggia, ad esempio, viene chiamata papòsc ed è fatta con lo stesso impasto della pizza. Una versione particolare è la puccia caddhipulina, che si prepara a Gallipoli per la vigilia dell’immacolata concezione, il 7 dicembre: era tradizionalmente farcita con capperi e acciughe sotto sale, anche se in tempi moderni si aggiungono spesso tonno, pomodori e olio extravergine. La puccia si mangia come un panino: si può farcire con gli ingredienti più vari ed è solitamente servita divisa a metà.
Ricotta forte
Una ricotta dal sapore intenso e piccante, come non se ne trovano in nessun altro angolo d’Italia: la ricotta forte. Una volta fatte le mozzarelle, il siero di latte di vacca (a volte anche di capra) non viene buttato ma impiegato per produrre una ricotta dal gusto deciso. La lavorazione è differente dagli altri formaggi: al siero viene aggiunto circa il 10% di latte e portato a una temperatura fra i 70 e gli 80 gradi. La ricotta che man mano affiora, viene rimossa con una schiumarola, salata e messa nelle tipiche fuscelle di giunco. Queste vengono poi lasciate su tavoli di legno a “spurgare” per 3 o 4 giorni, in modo da far perdere il liquido. In questo modo si avvia un processo di irrancidimento controllato: le fuscelle vengono infatti sostituite da contenitori di terracotta smaltata o da recipienti di legno dove la massa viene continuamente rimescolata con un cucchiaio di legno apposito, per evitare che si formino muffe. A questo punto la ricotta inizia a diventare densa assumendo un color crema e un odore molto forte. Ha un sapore intenso e aromatico, sempre più piccante che diventa cremoso e sapido sul finale man mano che aumenta il periodo di stagionatura, che può durare fino a 5 mesi. Si usa in piccole quantità per dare più vigore ai sughi, all’interno dei panzerotti fritti oppure spalmata sul pane.
Ne abbiamo parlato anche qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025035-ab-cheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-burrata-e-ricotta-forte
Sgagliozze
La polenta al sud: difficile da immaginare, per chi non è mai stato a Foggia e Bari. Ma anche qui c'è una versione regionale, realizzata con farina di granturco. Si preparano delle fette di polenta poi lasciate seccare per 2 o 3 giorni in modo che perdano un po’ di acqua, successivamente tagliate a triangoli e fritte nell’olio. Si mangiano come antipasto o come street food. L’etimologia del nome non è certa: potrebbe derivare da scaglia, quindi pezzo tagliato in maniera grossolana, oppure da moneta, in relazione al suo colore dorato.
Stracciatella e burrata
Due formaggi tipici che hanno reso famosa la cucina pugliese: stracciatella e burrata. La stracciatella, di mucca o di bufala, è un formaggio a pasta filata fresco e dal sapore leggermente acidulo ma delicato: tipico della provincia di Foggia, è fatto di straccetti di mozzarella e panna (ne abbiamo parlato anche qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025035-ab-cheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-burrata-e-ricotta-forte). La mozzarella viene “stracciata” a mano, in modo da formare filamenti irregolari. La burrata è il passo successivo: un sacchetto di pasta filata liscia e morbida che racchiude un cuore di stracciatella. È prodotta un po’ in tutta la Puglia, ma il suo territorio d’elezione sono le Murge, in particolare Andria.
A cura di Francesca Fiore