Passato l'Expo cosa resta a Milano del grande circo del cibo? Molta vitalità e tante insegne nuove. Alcune inaugurate durante l'esposizione universale che oggi consolidano la loro presenza, altre che hanno aperto i battenti negli ultimi mesi. Abbiamo monitorato il panorama ristorativo del capoluogo lombardo per raccontarvelo nella nuova edizione della Guida Milano.
Milano un anno dopo. Nella città del dopo Expo l'euforia non si è sedata. Anzi. Fioriscono progetti e si moltiplicano iniziative gastronomiche, con nuovi concept, organismi imprenditoriali articolati oppure idee semplici ma non per questo meno valide, vedi i mercati o gli spazi informali ma di grande qualità che fioccano da una parte all'altra della città. Il capoluogo lombardo è il punto di passaggio, quando non di approdo, dei gradi chef, il luogo in cui germinano idee e progetti, si sviluppano manie e ossessioni che solo dopo qualche mese arriveranno (forse) nelle altre città. La Milano da bere, che è sempre più Milano da mangiare, conferma ancora la sua attitudine internazionale e mondana.
La Guida Milano 2017
Per Milano il 2016 è l'anno del dopo Expo, quello in cui le esperienze nate sotto l'egida dell'esposizione universale hanno preso la loro strada facendo valere la qualità del loro progetto. È anche l'anno del trentennale del Gambero Rosso e dell'edizione numero 26 della Guida Milano: quasi 1500 indirizzi e poco meno di 200 novità in 288 pagine (32 in più dello scorso anno) che consigliano su come orientarsi nella Babele enogastronomica meneghina. Una guida che quest'anno, come già avvenuto per quella di Roma, accoglie un nuovo simbolo di valutazione, la cocotte,da una a tre a seconda del grado di eccellenza dei bistrot (49 segnalati in questa guida), che in nessun'altra città dello Stivale si ispirano come qui agli esempi transalpini di piccola cucina d'autore in veste casual anche se non mancano proposte di natura diversa.
In tutti questi anni abbiamo raccontato la città e le sue trasformazioni, le mode e le manie gastronomiche, le invasione di concept restaurant e il ritorno alle trattorie. Lo abbiamo sempre fatto avendo come linea guida quella della qualità dell'offerta. Per rendere ancora più tangibile questo nostro monitorare, anno dopo anno, la Milano da mangiare abbiamo voluto accendere un faro su chi in questi anni è sempre stato un baluardo della qualità. Ristoranti, botteghe, enoteche presenti dalla prima edizione della guida, quella del 1991, fino a oggi, che hanno accompagnato la crescita enogastromica della città meritando il premio “30 anni della nostra storia”.
Il toto chef
Un vortice di arrivi nel capoluogo meneghino ne conferma il ruolo di traino nella scena gastronomica nazionale. Per molto tempo o per pochi mesi, con grandi progetti o piccoli format snelli e contemporanei, Milano è the place where to be&cook. Ora più che mai, complice forse Porta Nova, quel quartiere modernissimo e cosmopolita che è sorto in pieno centro, quasi caduto dall'alto, dimostrando che è ancora possibile, per le nostre antiche città, rifondarsi porprio nel loro cuore, senza per questo snaturarsi. Negli ultimi mesi sono stati tanti gli chef che hanno trovato il loro posto in città: tra tutti Enrico Bartolini, arrivato qui dalla Brianza fino al terzo piano del Mudec, il Museo delle Culture, che non mancherà di ritagliarsi un ruolo di primo piano e che già si è aggiudicato il premio come Novità dell'anno. Ci sono poi Luigi Taglienti, che ha appena inaugurato al Naviglio Grande, mentre i fratelli Cerea hanno conquistato un avamposto alla Terrazza Gallia dell'Excelsior Gallia, mentre Felice Lo Basso ha traslocato sulla terrazza della Townhouse davanti al Duomo, con il ristorante che porta il suo nome. Giancarlo Morelli invece ha scelto una formula diversa: quella della trattoria moderna.
Gli etnici
Come ogni metropoli cosmopolita che si rispetti Milano ha dalla sua una grande apertura verso le tradizioni gastronomiche di ogni parte del mondo. Cambiano magari le suggestioni, le passioni e le ossessioni, ma c'è una sempre maggiore e fertile commistione di sapori, tecniche, filosofie. A gradi diversi, certo, si va dalle fusioni di gusto alle interpretazioni il più possibile fedeli all'originale. Da una parte c'è Wicky Pryan con la sua cucina contaminata e personalissima, speziata e incredibilmente equilibrata, che rinnova l’essenza Kaiseki con materie prime da tutto il mondo, una rigorosa attenzione alla stagionalità e una decisa influenza mediterranea. Ci sono poi altri, ben saldi e sempre più centrati nella loro proposta: Iyo, insegna di punta della famiglia Liu (insieme a Gong e Ba Asian Mood) e Yoji Tokuyoshi; senza dimenticare le più informali esperienze della ravioleria di via Sarpi e di Ghe Sem, che mette insieme din sum e cocktail, e registrando l'affermarsi della cucina peruviana che sta prendendo sempre più piede.
Le pizze
Una piccola ma determinata compagine di pizzaioli campani è approdata a Milano con le succursali dei loro locali partenopei: primo tra tutti GinoSorbillo che sceglie però non di portare la sua famosa pizza al forno, ma la variante fritta, con la sede meneghina dell'Antica Pizza Fritta Zia Esterina. Insieme a Zia Esterina c'è anche Starita a parlare la lingua dell'arte bianca, con una proposta identica a quella che ne ha decretato il successo a Napoli.
Guida Milano 2017 Gambero Rosso | Prezzo: 10€ | disponibile in edicola, in libreria e online
I PREMIATI
TRE FORCHETTE
Al Donizetti | Bergamo
Iyo | Milano