Lontane origini italiane e una passione per i vitigni nostrani, che i Terrizzi in California hanno scelto per produrre vini in perfetto Italian style: Sangiovese, Fiano, Barbera, Aglianico.
Il loro cognome, Terrizzi, tradisce origini italiane e in effetti Brian qualche antenato siciliano ce l’ha, anche se ormai la sua famiglia è americana da generazioni. Eppure quel poco che è rimasto di italiano nel suo Dna è cosi prepotente da portarlo, insieme alla moglie Stephanie, a investire nella produzione di vini Italian style da vitigni italiani, anziché percorrere la strada più redditizia e comune dei vitigni internazionali: cabernet, chardonnay, merlot che riempiono gli scaffali americani e le tasche dei produttori californiani più o meno capaci.
Giornata Winery: l'azienda
Giornata Winery produce 24mila bottiglie, solamente da vitigni italiani. Una scelta da outsider: esistono infatti soltanto altre due cantine in tutta la California che hanno scelto la stessa strada: Palmina in Santa Barbara County e Idlewild Winery con i vigneti in Mendocino County. Qualche cantina poi, oltre alla produzione classica di vini da tipologie di uve internazionali, sperimenta un paio di etichette con autoctoni italiani o spagnoli, ma si tratta di esperimenti appunto, nessuno ci ha investito radicalmente come i Terrizzi.
L'amore per l'Italia
L’avventura di Giornata Winery iniziò 11 anni fa; Brian conobbe Stephy alla Fresno State University, dove lei stava ultimando la sua laurea in Enologia, da aggiungere a quella già conseguita in Viticoltura. Lui, Brian, aveva sempre avuto il pallino dell’Italia (il famoso gene prepotente nel Dna, appunto), era reduce da diversi viaggi di formazione presso cantine toscane e non solo (per citarne una, Isole e Olena). Si incontrarono a Fresno, si innamorarono, si sposarono e trascorsero il viaggio di nozze lavorando la vite in Italia. Rientrarono in California nell’estate del 2005 con tutti i buoni propositi e pronti a mettere a frutto quanto raccolto in Italia, ma incontrarono le prime resistenze: “Ricordo quando acquistammo i terreni qui a Templeton(qualche chilometro a sud di Paso Robles, Central California, ndr)” racconta Brian Terrizzi “gli altri viticoltori cercarono di farci desistere dall’idea di piantare vitigni italiani qui. Uno di loro mi disse ‘se vuoi fare il Nebbiolo, trasferisciti in Italia, qui è impossibile e non è redditizio’. Ma noi andammo avanti con il nostro progetto”. Lo dice con fierezza, di fronte ai campioni dei suoi vini che stiamo per assaggiare con non poco scetticismo italiano, mentre sua moglie, Stephanie, lo guarda con quella complicità che solo anni di sforzi e sacrifici sanno costruire.
Vitigni italiani: una scelta poco popolare
Perché di sacrifici, questa coppia, ne ha fatti tanti: se non è facile essere viticoltore e produttore in Italia, non lo è nemmeno in California, partendo da zero (nessuna vigna in eredità, nessuna tradizione da seguire), scegliendo di produrre qualcosa che l’80% del pubblico americano probabilmente farà fatica a capire e ad apprezzare.“Quindi siamo partiti”continua Brian “abbiamo piantato fiano, pinot grigio, vermentino, friulano, sangiovese, barbera, nebbiolo, aglianico, abbiamo importato tutta l’attrezzatura per la vinificazione, dai silos d’acciaio ai tonneau, alle anfore di terracotta dove fermentiamo il pinot grigio”. La cantina è piccola, “Italian size” (dice lui), la scelta è quella di rispettare i vitigni, di manipolare il meno possibile il vino, in netto contrasto con la tendenza californiana caratterizzata purtroppo troppo spesso da un uso spropositato del legno e da una selezione a dir poco esuberante dei lieviti: “Abbiamo in mente il palato italiano, non quello americano”spiega Brian “quindi le nostre scelte di vinificazione vanno verso vini più eleganti, meno maturi, meno strutturati. Raccogliamo molto presto rispetto alle altre cantine della zona, vogliamo mantenere una certa acidità”.
Il lavoro in vigna
Ma quello che succede nella vigna è soprattutto affare di Stephy, è lei l’artista della vite, recentemente nominata tra le 10 più promettenti winemakers della California. È lei che ha tutte le informazioni sul terreno, sulla densità, sul metodo di coltivazione, ma anziché raccontarle con le parole sceglie di farcle vivere: ci carica su una jeep impolverata e guida a tutta velocità tra colline, vigneti, paesaggio un po’ bruciacchiato (la California tra primavera ed estate non è esattamente l’Eden), fattorie con querce e alberi di noce. Stephy è una donna del vino: alle parole, preferisce i fatti.
Il territorio
La regione di Paso Robles è a pochi chilometri dalla costa pacifica, praticamente sulla faglia di Sant’Andrea, il clima è marittimo, con giornate calde, nottate e mattinate fresche grazie alla nebbia marina che si spinge fino alle colline. “C’è un terreno molto diversificato” spiega Stephy dopo aver guidato con la jeep su per quello che sembrava un sentiero e fatto scappare innumerevoli quaglie selvatiche “dato dal susseguirsi di diversi movimenti geologici: abbiamo in generale una base calcarea, mista ad argilla, ma ci sono residui fossili e marini quasi dappertutto. E poi è friabile - (spezza un sasso di arenaria con le mani): le radici affondano facilmente”. La nebbia, the marine fog, è determinante per l’escursione termica, è la chiave che permette ai Terrizzi di giocare con gli aromi e l’acidità. Il tour delle vigne continua, Stephy controlla i primi frutti che stanno spuntando sulle viti di Sangiovese, le brillano gli occhi, scherza: “Talk a little bit Italian to them, maybe it helps. Parla un po’ italiano con loro (i frutti) magari li aiuta”.
I vini
Le vigne sono tutte certificate organic, no pesticidi, no erbicidi, la vegetazione spontanea viene incoraggiata. Sulla collina, i vigneti sono a 600 metri di altitudine, in lontananza l’oceano, tutto intorno campi di erbe aromatiche selvatiche: senape, salvia, timo. Gli stessi profumi si ritrovano nel Sangiovese di Giornata Winery, Luna Matta Vineyard 2012: il vitigno è evidente e riconoscibile, con i sentori di frutti rossi, le ciliegie e il potpourri, ma c’è una nota minerale di grafite e un sentore di conchiglia che lo rendono inusuale. L’acidità è buona, l’alcol (14,5%) sorprendentemente ben integrato, i tannini sono morbidi, non invadenti. È un Sangiovese dal mood californiano, senza tutti quei secoli di storia sulle spalle, è rilassato, inconsapevole.
Notevole anche l’Aglianico 2012, vinificato in due stili: uno più pulito (barrique francese nuova solo al 10 per cento, il 2012 ha ricevuto 92 punti Wine Enthusiast e Vinous) e uno più complesso (con un terzo di barrique nuove, l’annata 2012 ha avuto 94 punti Wine Enthusiast). Al naso ha note di terra, rosmarino, selvaggina, è intenso, anche qui parlano il vitigno e il territorio più che la tecnica di vinificazione.
Interessante anche il Barbera che sfodera tutto il suo bouquet floreale, piacevole al naso il Nebbiolo con note di liquirizia e frutti rossi, ma un po’ mancante di profondità al palato. Tra i bianchi il Fiano è sicuramente degno di nota, molto minerale e fresco.
Lo stile dei vini
In generale si capisce che i Terrizzi hanno in mente di piacere a un palato più italiano che californiano, cosa che sottolinea la sana follia di questa scelta, dovendosi loro confrontare con il mercato statunitense: i vini più importati in Usa sono italiani (Prosecco imperat), ma dai vini locali gli americani non si aspettano certo queste caratteristiche, cercano robusti Cabernet e i cremosi Chardonnay. “Non mi aspetto di essere compreso ora” dice Brian “vedo che il palato americano si sta evolvendo e gli sforzi che stiamo facendo noi oggi, daranno frutti tra decenni, le mie figlie raccoglieranno questa eredità”. La piccola Aida (la figlia di 9 anni) lo ascolta, poi lo guarda intensamente e dice: “Papà, io da grande voglio fare la tennista”.
Giornata Wines | Usa | California | Paso Robles | 470 Marquita Ave | tel. +1 805 434 3075 | http://www.giornatawines.com/
a cura di Laura Donadoni