Anche un territorio stranoto può offrire nuove emozioni. Questa di Badia a Coltibuono è una verticale incredibile ed emozionante che dal 2011 si è spinta fino alle etichette degli anni Quaranta.
Haruki Murakami cita in uno dei suoi racconti Folklore dei nostri tempi la Riserva ’83 di Badia a Coltibuono perché i vini di Coltibuono erano tra i suoi preferiti negli anni in cui viveva a Roma. Non è difficile comprenderne il motivo. Se si conosce anche solo un poco la cultura giapponese, la cura dell’estetica che si declina anche nella cura del gusto, con il suo rigore non solo formale, allora con facilità si arriva a comprendere come i vini di Coltibuono, severi e coerenti, chiantigiani nel midollo, possano aver fatto vibrare le corde di Murakami. Un esempio di Chianti Classico che, a dispetto di mode, stili di vita e cambiamento climatico, ha mantenuto un carattere unico e inimitabile, a dimostrazione che ci sono terroir che sopravanzano ogni altra cosa.
La storia della cantina
Badia a Coltibuono – la badia del buon raccolto – nasce poco dopo l’anno Mille, per mano dei monaci di Vallombrosa che iniziarono anche a piantare i primi vigneti e che lì vissero fino al 1800, quando il dominio napoleonico impose loro di andarsene. Negli anni successivi si alternarono diverse proprietà fino a che, nel 1846, il banchiere Michele Giuntini (antenato degli attuali proprietari, gli Stucchi Prinetti) la acquistò facendola tornare produttiva. “Badia conserva un fascino intramontabile” dice Emanuela Stucchi Prinetti “che è anche il risultato di avvicendamenti storici e umani. Anche solo dal punto di vista architettonico si conservano e si sovrappongono stili e influenze, dall’origine romanica del blocco principale al giardino rinascimentale, passando per piccoli ampliamenti e aggiunte avvenute via via nel tempo. Quel che non è mai cambiato è il carattere assolutamente chiantigiano di questa meraviglia. Nostro padre Piero, negli anni Cinquanta, ne comprese appieno il potenziale e si dedicò anima e corpo alla sua rinascita e all’espansione, imbottigliando i vini e iniziando a farli conoscere anche nel mondo”.
Le uve e i vigneti
“I nostri vigneti” spiega Roberto Stucchi Prinetti “si trovano per la stragrande maggioranza a Monti, a parte un piccolo appezzamento in Castelnuovo Berardenga. Il sangiovese deriva in gran parte da una selezione massale avvenuta in azienda alla fine degli anni Ottanta, partendo da 600 viti madre. Fin da allora si decise di mantenere nel lavoro di reimpianto i vitigni classici della zona oltre al sangiovese” cioè colorino, canaiolo e ciliegiolo, che entrano in misura di circa un 10% nel Chianti Classico (non nella Riserva che invece è 100% sangiovese).
L’azienda, che oggi conta 60 ettari di vigneto, 50 dei quali in produzione, realizza circa 270mila bottiglie l’anno, da agricoltura biologica. “Badia ha iniziato la conversione al biologico negli anni Novanta. Nel 2000 abbiamo raggiunto la completa certificazione. È un risultato importante, arrivato attraverso tappe e passaggi di consapevolezza” dice. “Dopo il mio soggiorno in California” racconta ancora Roberto “ho capito che pesticidi ed erbicidi andavano banditi a favore di un’agricoltura che alimentando l’uomo non depauperasse il terreno. È stato un percorso importante e nei fatti capace anche di farci entrare ancora più in contatto con il paesaggio, umano, culturale e agricolo”.
La Riserva
La Riserva deriva da una selezione delle migliori uve, i cui vigneti di origine possono essere diversi anno per anno (anche se tendenzialmente ci sono alcuni appezzamenti che per la qualità delle uve che danno vi confluiscono sempre). “Così durante l’estate si determina il 20% dei nostri vigneti che può ambire a entrare nella produzione della Riserva” spiega Roberto “Da lì poi durante la vendemmia avviene una seconda selezione, direttamente sulle uve. Per cui dal 20% di scelta iniziale si arriva poi a un 10-15% delle uve di sangiovese per la Riserva, per una produzione annua che non supera le 30mila bottiglie”. La fermentazione avviene con lieviti indigeni, riattivati tramite un pied de cuve. “Il risultato sono vini che mantengono un carattere e un profilo che oltre a essere intimamente chiantigiano è anche straordinariamente fedele a se stesso”.
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La verticale
2011
Figlio di un’annata calda, decisamente siccitosa, che ha visto la vendemmia più precoce mai fatta a Coltibuono (a fine agosto) mostra al naso un timbro fruttato, con la fragola in evidenza, la ciliegia croccante, cenni di incenso. La bocca è saporita e continua, solida, con solo una rigidità sul tannino, forse non perfettamente maturo come vorrebbe l’annata. Finale goloso e futuro radioso. Tanto da farci rivedere (e alla grande) il voto più basso che abbiamo dato nella guida Vini d’Italia 2016.
Valutazione: 91
2010
Naso delicato e fragrante, con la nota floreale in evidenza e i piccoli frutti rossi, il melograno, la scorza d’arancia. La bocca riesce a essere dolce e avvolgente ma anche vivace e reattiva, grazie a un’acidità sferzante e a un tannino piacevolmente nervoso che slancia il finale dando ritmo e verve. Anche questo va ben oltre i 2 bicchieri attribuitigli dalla guida dello scorso anno.
Valutazione: 91
2009
Vino al di sopra delle aspettative (visto il millesimo non felicissimo) apre con note di geranio, cenni verdi e speziati, di cumino. La bocca è molto godibile, decisa ma carezzevole, profondamente chiantigiana, ampia e calda. Il tannino asciuga leggermente ma non toglie né sapore né slancio al lungo finale. Ma già nella guida del 2014 avevamo visto giusto assegnandogli 3 Bicchieri.
Valutazione: 91
2008
Naso più evolutivo del previsto, con note di cuoio e tartufo nero già in evidenza, ciliegia nera in confettura, sottobosco e foglia di tabacco. La bocca di converso mantiene un profilo più giovanile, ancora affilato il tannino e una sensazione ematica che predomina in chiusura e grande sapidità. Mantiene la valutazione data nella guida del 2013.
Valutazione: 88
2006
Anche questo naso mostra un profilo un po’ evolutivo che dà voce al tabacco e alle spezie, al cuoio, al pepe e all’anice, con un frutto scuro e maturo in sottofondo. Anche la bocca risulta aperta e solare, un po’ alcolica anche, eppure grazie alla bellissima acidità che caratterizza i vini di Coltibuono riesce a mantenere tensione e finezza.
Valutazione: 86
1998
Inizialmente poco espressivo esprime poi sensazioni autunnali affascinanti, con note fumé, fungine, di corteccia bagnata, caramella d’orzo, scorza di agrume, prugna in confettura. La bocca è vivace e grippante, tenace nel suo passo deciso che non mostra cedimenti.
Valutazione: 88
1994
Impossibile mettere d’accordo la commissione su questo vino che ha ottenuto punteggi troppo discordanti perché la media abbia un senso. Sicuramente molto evoluto al naso, con note di liquirizia, zafferano e cardamomo, presentava una bocca dallo sviluppo soffuso e continuo nonostante una certa decadenza. Ci è scappato anche un 94 per un fascino definito mistico.
Valutazione: ?
1993
Primo vino rivelazione della degustazione. Vivido e brillante già al colore, dal naso che è un susseguirsi di sensazioni e chiaroscuri: frutto scuro e viola appena sbocciata, goudron e timo selvatico, arancia candita e foglia. La bocca è straordinaria per vivacità e giovinezza, il tannino setoso e vibrante, l’acidità slanciata e il finale interminabile. Vino poesia. E si aggiudica ben 3 Bicchieri contro l’1 che aveva preso nella guida del 2001.
Valutazione: 94
1990
Secondo vino rivelazione. Una sorta di miracolo enologico per un’annata su cui nessuno avrebbe scommesso. Complesso e completo fin da subito, con vivaci cenni iodati e minerali, cacao, tartufo bianco, ciliegia e rosmarino. Bocca armoniosa, elegante, mutevole e raffinata. Tutto ciò che ci aspetta da un grande sangiovese chiantigiano. Commovente. Nella guida 2001 aveva preso 2 Bicchieri.
Valutazione: 96
1986
Un naso con qualche cenno di comprensibile riduzione, tracce ematiche, di pomodori secchi e olive in salamoia ma anche fave di cacao e terra bagnata. La bocca è stretta e affilata, sottile e comunque molto saporita, sulle punte con grinta. Old style.
Valutazione: 88
1985
Alla faccia delle annate calde! Sorprende anche questo millesimo che ha lasciato dietro di sé più cadaveri che fuoriclasse. Questa Riserva appartiene decisamente alla seconda categoria. Frutto scuro, maturo ma pimpante, balsamico e caramelloso, iodato, con note di erbe medicinali e oliva. Bocca avvincente, nitida, profonda e travolgente, ritmata da un sali scendi di sapori.
Valutazione: 93
1979
È l’anno in cui si smette di usare il legno di castagno a favore del rovere. Fu imbottigliato nel 1985. Naso non pulitissimo e terziarizzato, con note riduttive animali, cenni di erbe spontanee e radici amare. La bocca è definita dalla verticalità, con un’acidità ficcante che dà sapore sapido e bava compulsiva. Scarno ma fragrante e di bella tensione.
Valutazione: 87
1975
Vino imbottigliato negli anni Ottanta, maturato in botti di castagno. I vigneti erano misti, insieme al sangiovese c’erano altri vitigni, tra cui certamente mammolo e foglia tonda, e uve a bacca bianca (che però di solito non venivano utilizzati per i vini da Riserva). Naso estremamente affascinante e incredibilmente fresco, con note di erbe officinali, salvia e timo, funghi, bacche di caffè e cioccolato, rabarbaro e iodio. La bocca è sfumata, sottile ed elegante, verticale e densa di sapore.
Valutazione: 94
1968
Integro già al naso, in cui si distinguono con chiarezza le note di macchia, con rosmarino e bacche di ginepro, sensazioni coloniali, foglia stropicciata. Leggiadro e compatto allo stesso tempo, vola alto e si destreggia in arabeschi e volute. Gusto e forza aromatica, per un finale affilato e ritmico.
Valutazione: 94
1958
Una sorta di miracolo enologico se si pensa che questo vino è rimasto in botte per quasi trent’anni (imbottigliato nell’86) e nasce da vigneti promiscui, con viti allevate all’albero, fermentazioni avvenute podere per podere e una successiva selezione dell’ipotetico meglio. Naso in cui predominano le sensazioni di radice, rabarbaro e liquirizia, humus, fiori secchi, ciliegie sotto spirito, elicriso. Bocca per certi versi ancora immatura, molto tartarica, a tratti anche esile, perfetto specchio del proprio tempo. Châpeau!
Valutazione: 88
1946
Il miracolo oppure l’entusiasmo del Dopoguerra. Da vigne semiabbandonate, inerbite per anni durante la guerra e imbottigliato negli anni Cinquanta, un vino brillante, compatto e lucente, solo leggermente scarico. Il naso è un tripudio di emozioni: fiori secchi. Resina, pino mugo, cuoio, un leggerissimo tocco fumé, menta, pepe e sottobosco. Bocca freschissima, sapida e piena, senza tentennamenti né cedimenti, alterna momenti di massima a momenti di assoluta espressione. Un capolavoro (o altrimenti un meraviglioso ed eccitante scherzo della natura).
Valutazione: 95
Chianti Classico Riserva | Badia a Coltibuono | Gaiole in Chianti (SI) | www.coltibuono.com
a cura di Eleonora Guerini
a cura di Eleonora Gueriin
foto: Andrea Ruggeri