Un report dalla rassegna che porta in degustazione il meglio del sangiovese nelle sue molte espressioni. Ecco il dietro le quinte dell'edizione numero 9 ed ecco i nostri 5 migliori assaggi.
Era una semplice riunione di appassionati, un consesso quasi clandestino tra nerds del vino, poi nel nel corso degli anni Sangiovese Purosangue si è trasformato acquistando sempre maggiore successo, fino a diventare un appuntamento aperto a un vasto pubblico dove anche il semplice appassionato può scoprire, tra banchi di assaggio e seminari di approfondimento, le reali potenzialità di uno dei vitigni più importanti del nostro Paese. E l'appuntamento si è rinnovato anche quest'anno.
L'intervista
Pochi giorni fa a Roma, presso le sale del Radisson Blu Hotel, si è tenuta la nona edizione e, poco prima dell’apertura ufficiale, abbiamo voluto chiedere a Davide Bonucci, organizzatore assieme a Marco Cum, il punto della situazione su questa manifestazione unica nel suo genere che, nella Capitale, ha messo radici profonde difficili da sradicare.
Davide, Sangiovese Purosangue può definirsi una tua creatura intellettuale, una sorta di sogno condiviso tra pochi amici diventato oggi realtà. Ci puoi spiegare la sua genesi?
Il progetto, nato grazie all’Enoclub Siena, si è sviluppato nell’arco di almeno sette anni di lavoro fatto di riunioni carbonare tra produttori e grandi appassionati di vino dove, tra un bicchiere e l’altro, si è discusso sulle reali potenzialità del sangiovese e su come queste fossero sconosciute al grande pubblico che solitamente trova sugli scaffali produzioni industriali. Di certo queste non fanno il gioco dei tanti produttori virtuosi che esistono in Italia i quali, però, sono ancora una piccola minoranza. Da qui l’esigenza di creare un movimento d’opinione atto a tutelare l’identità e l’integrità del sangiovese a partire dai territori storici intorno a Siena ovvero la zona di Montalcino e quella del Chianti Classico.
Cosa significa Sangiovese Purosangue?
Quelle due parole sottintendono la ricerca di un vino consapevole, responsabile, intellettuale ed etico, privilegiando il territorio all’industria, la qualità alla quantità. Il vino come veicolo di conoscenza della natura profonda dell’ambiente agricolo, della ricchezza del terreno in cui la vite mette radici, della storia del luogo in cui nasce, degli uomini che contribuiscono a realizzarlo. Da qua il termine di Purosangue ovvero di razza pura.
Il 2012, se non sbaglio, è stato un anno importante per questo progetto. Confermi?
Certo, perché la prima edizione della manifestazione è stata organizzata nel gennaio del 2012 a Roma e aveva come sottotitolo “Rosso di Montalcino - Secondo a Nessuno”. In quel periodo, se ricordate bene, c’era stato tutto un dibattito molto acceso circa la possibilità di modificare il disciplinare del Rosso di Montalcino aggiungendo, oltre al sangiovese, anche un 15% di altri vitigni come, ad esempio, il merlot. Fortunatamente, come si sa, all’interno del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino la votazione diede esito negativo al cambiamento e a Roma, con ben 49 produttori ilcinesi, abbiamo voluto festeggiare l’avvenimento attraverso una degustazione dove ogni azienda presentava il suo Rosso di Montalcino da sangiovese in purezza. Un modo come un altro per far capire al pubblico il perché non si doveva e non si dovrà cambiare anche se si parla di Rosso e non di Brunello di Montalcino!
E poi, come si è sviluppato il progetto?
I riscontri avuti nella prima edizione ci hanno dato il coraggio di andare avanti per cui, dopo il Rosso di Montalcino, abbiamo fatto una monografica sul Brunello di Montalcino per poi passare al solo Chianti Classico fino ad aprire l’evento, come oggi, a tutti i produttori, non solo toscani, che avessero una certa idea di sangiovese. Come si può vedere oggi abbiamo invitato realtà vitivinicole dell’Emilia Romagna, dell’Umbria, delle Marche e del Lazio.
Hai parlato di vignaioli con una certa visione sul sangiovese. Come scegliete le aziende da invitare?
Premesso che non esiste nessuno comitato di selezione e che non necessariamente chi non è presente non è il benvoluto, visto che spesso molte realtà sono impegnate in altre manifestazioni, l’idea alla base è la conoscenza diretta del vignaiolo al fine di verificare la sua filosofia produttiva e l’idea che ha sul sangiovese che, ovviamente, dovrà rispondere ai criteri che ho citato precedentemente. Nel corso di questi anni, fortunatamente, abbiamo formato uno zoccolo duro di produttori attorno al quale far crescere il marchio Sangiovese Purosangue che ormai è visto come elemento unificante per tutti coloro che in Italia cercano di valorizzare le qualità dei vitigni autoctoni. Poi, è chiaro, nuove realtà sono sempre benvenute e, anzi, spero che in futuro siano sempre di più e provenienti da molte più parti di Italia.
Progetti futuri?
Questa è la nona edizione di Sangiovese Purosangue a Roma e, dopo essere stati a Milano, Firenze e Bari, l’idea, ancora in fase embrionale, è quella di esportare la manifestazione all’estero. Di sicuro, e questa è una anticipazione per i lettori del Gambero Rosso, si porterà l’evento a Siena per una imperdibile tre giorni autunnale in modo tale che questa città diventi un nuovo punto di riferimento per tutto il movimento. Sarebbe fantastico anche perché, come molti sanno, Siena è la mia città di nascita ed è la sede del mio Enoclub all’interno del quale, con un confronto tra i soci, tutto è nato. Seguiteci e non rimarrete delusi!
Sangiovese Purosangue. La degustazione
Lasciamo Davide Bonucci al suo lavoro e cominciamo ad addentrarci tra i banchi di degustazione che, per questa edizione, sfioravano le cinquanta unità, divisi, come sempre, non solo per regione ma anche per singole aree di produzione in modo che ognuno possa verificare all’interno della stessa denominazione, ad esempio il Chianti Classico, le differenze tra i vini dei vari vignaioli presenti. Decine gli assaggi, con una qualità media estremamente elevata. Ecco la nostra Top 5.
Val delle Corti | Chianti Classico 2013
Roberto Bianchi è in grado di trasformare il sangiovese di Radda in Chianti in pura armonia. Questo Chianti Classico “base” è luminoso e sa di fruttini rossi di bosco e giornate di primavera passate con gli amici col bicchiere in mano. Vi invitiamo a provarlo, almeno per una volta, per scoprire la differenza.
Podere San Lorenzo | Rosso di Montalcino 2004
Molti, purtroppo, sono convinti a Montalcino regni solo il grande Brunello relegando al Rosso solo una piccola particina da attore non protagonista. Niente di più sbagliato perché in questo territorio il sangiovese in purezza viene una meraviglia e anche i “secondi” vini posso regalare esperienze organolettiche di prim'ordine, come questo che, a distanza di dodici anni, è assolutamente integro e corredato di una complessità sorprendente. Non so se Luciano Ciolfi ne ha ancora in cantina ma se passate da quelle parti chiedeteglielo!
Tenuta Casteani | Sessanta 2010
Fino a 15 anni fa Gavorrano, comune della Maremma grossetana, era famoso per le sua storia mineraria e gli importanti giacimenti di lignite e carbone. Dal 2002, grazie all’opera di Mario Pelosi, l’azienda è stata recuperata così come la vocazione agricola di questa zona dove le viti di sangiovese la fanno oggi da padrona. Questo vino, blend di sangiovese (80%) e alicante (20%) è pura essenza di quel territorio che si esprime, se curato, con vini di grande corpo ed equilibrio. Eccezionale il suo rapporto q/p che vi invitiamo a scoprire.
Podere Orto | Rosso 2013
Giuliano Salesi e Simona de Vecchis sono una bellissima coppia che nel 2009, grazie all’impianto della loro prima vigna a Trevinano (località del Lazio ai confini di Umbria e Toscana), hanno coronato il loro sogno di appassionati gestendo la loro attività agricola secondo i regimi della biodinamica. Il loro Rosso, a base di sangiovese, grechetto rosso e ciliegiolo, sa di amicizia, spensieratezza e domeniche tra amici. Seguite questa nuova realtà e non ve ne pentirete.
Tenuta La Viola | Sangiovese di Romagna P.Honorii 2012
Da un territorio dove spesso provengono vini di dubbia qualità nasce questo sangiovese di Bertinoro (“P.Honorii” è il nome di Bertinoro durante le guerre gotiche) che spezza ogni pregiudizio regalando un vino di grande struttura ma al tempo stesso di ponderata freschezza e sapidità che donano una bevibilità inusuale per la tipologia. Da quelle parti sta nascendo un movimento di giovani e bravi vignaioli che presto regalerà altre inaspettate sorprese che ben presto vi sveleremo.
a cura di Andrea Petrini