Il Falerno di Villa Matilde, storia di un amore familiare, di studi classici e di grandi otri di terracotta.
La passione per il Falerno è un male di famiglia che si è accentuato da una generazione all’altra. Così non sorprende che Salvatore e Maria Ida Avallone abbiano deciso che a Villa Matilde l’invecchiamento del Falerno tornasse all’antica maniera: non più nelle botti, ma nei classici pithoi, i grossi otri di terracotta che a partire dal VI secolo a.C. venivano realizzati a Ischia dai coloni greci immigrati e diedero il nome a quella terra, Pithecusa.
Francesco Paolo Avallone
“La passione per il Falerno risale a nostro padre, Francesco Paolo. Avvocato, ma soprattutto umanista, che preferiva Virgilio, Orazio e Catullo, a codici e pandette” dice Maria Ida “Così non tollerava che il più celebrato vino alla corte di Augusto fosse scaduto a una bevanda da osteria, venduta sfusa per poche lire”. Per l’avvocato Avallone, il Falerno era quello che costava assai più del Cecubo, del Gaurano e del Caleno: un’anfora veniva scambiata con un giovane schiavo dalla forte dentatura. “Ma era la poesia latina ad affascinarlo. Mi citava Marziale, che voleva baciare le labbra della sua donna bagnate da Falerno; e Orazio che si rammaricava di offrire all’amico Mecenate solo del Caleno, anziché del vecchio Falerno. Ricordo ancora quando ci sembrò una bufala il racconto di Petronio, che nel Satyricon parla di un Falerno di cento anni, servito al banchetto di Trimalcione…”.
Il territorio e i vitigni
Gli Avallone vivono in quel territorio che era appunto l’Ager Falernus, compreso fra Mondragone e Formia, alle falde del Monte Massico lungo l’Appia. E Villa Matilde è diventata il regno del celebre vino. Che non è facile da gestire, anche perché la Doc consente l’utilizzo di due vitigni tutt’altro che vicini: Aglianico e Primitivo. “Abbiamo affidato all’estro di Riccardo Cotarella la mission di fare un Falerno che non tradisca la sua storia. Anche lui ha voluto il ritorno ai pithoi: un progetto che ha richiesto non poco impegno, a cominciare dal reperimento degli otri”. E alla fine il duo Avallone-Cotarella è risultato un’accoppiata vincente. A celebrare l’evento – che coincide con la cinquantesima vendemmia di Villa Matilde – è stato dato alle stampe uno studio dell’archeologo Luigi Crimaco. “Nell’Ottocento il vitigno era scomparso per la fillossera. Mio padre è partito dal recupero di pochi ceppi, e questo andava in qualche modo celebrato”.
Villa Matilde | Cellole CE | S.S. Domitiana, 18 | tel. 0823 932088 | http://www.villamatilde.it/it
a cura di Nino D’Antonio
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