A poche ore dalla prima semifinale dei Mondiali di calcio, abbiamo deciso anche noi di far sfidare, sul campo da gioco della buona tavola, Francia e Belgio in un confronto che mette alla prova due le birre belghe con i piatti francesi.
Conto alla rovescia per la prima delle semifinali dei mondiali di calcio. Francia vs Belgio. Per noi è l'occasione per contrapporre, su tutt'altro piano, due paesi che hanno molto da dire in termini di gusto e di tradizione gastronomica: la grande Francia e il piccolo Belgio.
Francia. Il regno dell'alta cucina mondiale
Il piatto tipico? Difficile a dirsi:, ce ne sono davvero troppi: la soup a l'oignon, il boeuf bourguignon, il coq au vin, i confit de canard, la ratatouille, le ostriche (tanto che qualcuno ha pensato anche di creare un distributore automatico attivo h.24) e gli altri frutti di mare, e poi i grandi formaggi, le baguettes (per cui si sta avanzando la candidatura per il patrimonio Unesco allo stesso modo che per i bistrot), il (contestatissimo) foie gras, le cosce di rana e cose hardcore come andouillettes, senza scordare le crêpes e i dolci: dal croissant della prima colazione ai macarons, passando per tarte au citron, canellés e la più domestica tarte tatin. Capitolo a parte lo meritano i vini: i più importanti del mondo si producono proprio qui. L'enogastronomia è uno dei vanti della Francia, e i suoi protagonisti sono i maestri indiscussi della cucina mondiale, padri della patria come il compianto Paul Bocuse, pasticceri come Jacques Genin o Pierre Hermé, chef di ogni grado ed età, immersi pienamente nel sistema delle guide, quelle più istituzionali e quelle più irriverenti o autarchici che hanno deciso di svincolarsene, nomi mitici come Alain Ducasse, Alain Passard, Yannick Allenò (al cui Pavillon Ledoyen lavora Martino Ruggieri). La lista è lunga, e annovera il meglio della gastronomia mondiale.
Senza contare che in terra di Francia, soprattutto nella Capitale, c'è spazio anche per chi arriva da altri lidi, in barba al proverbiale campanilismo dei cugini d'oltralpe che – in fatto di fornelli – sono molto più accoglienti di quanto la vulgata vorrebbe. Sono italiani, infatti, molti dei più acclamati cuochi di Parigi, giovani leve che hanno puntato alla Ville Lumière per portare avanti il loro progetto gastronomico, con Giovanni Passerini a guidare la fila, seguito di buon passo da Simone Tondo, Michele Farnese, Massimo Tringali; qui perfino i congressi e i grandi spazi dedicati al food accolgono con vivo interesse l'italian style. Ma ovviamente non solo quello. Insomma, la Francia in fatto di cibo è ancora una stella polare: arrivano sempre nuovi format d'autore in giro per la città, nei grandi magazzini e nei musei, cresce lo street food, a conferma della buona salute della ristorazione.
Belgio. Non più solo mules et frites
Il piatto simbolo della capitale è mules et frites, ovvero cozze e patatine fritte (vero patrimonio locale), insieme agli immancabili waffle da mangiare a ogni ora. Poi ci sono le eccellenze artigiane che hanno reso il Belgio famoso nel mondo: birra (usata anche come ingrediente di numerosi piatti, con le lambic e le trappiste a tenere alta la bandiera della tipicità), cioccolato, formaggio (insieme all'arte tessile, alla lavorazione dei diamanti, al design e alla moda, ovviamente). La cucina belga nasce da un mix di influenze francesi, olandesi e tedesche: zuppe, torte rustiche e ricchi stufati a base di selvaggina, piatti con panna, cavoli, aringa, anguille che tradiscono le connessioni con certa parte d'Europa centrale. Pescando qua e là tra i piatti tradizionali troviamo cose come garnaalkroketten o croquettes aux crevettes (crocchette di gamberetti) judd mat gaardebounen (carne di maiale affumicata con patate e salsa a base di panna), konijn met pruimen o lapin aux pruneaux (coniglio con salsa dolce alle prugne), waterzooi (pesce o pollo con panna, verdure e ortaggi e poi carne (di maiale o coniglio) alla birra e dolci di pane.
Ma oggi il panorama gastronomico è molto più articolato di quanto non fosse fino a qualche anno fa, complice anche l'apporto interculturale del Parlamento Europeo, che ha reso la capitale belga - e con essa l'intera nazione – snodo di scambio fondamentale di persone di origini e tradizioni gastronomiche diverse. Pertanto il Belgio è, oggi, una riserva pressoché inesauribile di sapori con una presenza di suggestioni etniche decisa e ben integrata. Ovviamente Bruxelles fa la parte del leone ma non racconta certo l'intero paese, è “solo” una delle tre regioni, insieme alla Vallonia (a sud) e alle Fiandre (a nord), che rappresentano un'autentica riserva d'alta cucina, con i giovani Flanders Kitchen Rebels e un'altissima concentrazione di ristoranti gourmet e chef di fama mondiale, come Gert De Mangeleer, Peter Gossens o Kobe Desramaults di Chambre Séparée. Tanto basti per individuare nel paese una icona della gastronomia contemporanea, fatta di interferenze, riscoperte e tradizione, di stagionalità e prodotto, sia esso di terra (patate, indivia, cavoletti, asparagi) che di mare (i gamberetti grigi ne sono un esempio).
Oggi però è alla tradizione brassicola belga che ci rivolgiamo, per una sfida a tutto gusto tra i classici della cucina francese e le birre belga. Un confronto-scontro alla ricerca dell'abbinamento impossibile.
Bouillabaisse - Saison D'erpe Mere - De Glazen Toren
È la primogenita del birrificio, la prima birra prodotta da Jef Van den Steen e Dirk De Pauw nel 2004, quando De Glazen Toren ha aperto i battenti a Erpe Mere, nelle Fiandre Orientali. Saison che nella ricetta non prevede speziature: quindi solo malto d'orzo, frumento, luppolo (Saaz e Hallertau) e lievito. Leggermente velata, si apre al naso con note di fiori bianchi e fiori di arancio, sentori erbacei, una punta speziata di pepe bianco, e aromi di cereali. La bocca è un po' rustica nell'attacco, rotonda, ma non pesante, anzi: dopo una prima frase fruttata, giocata sugli agrumi dolci, il sorso lascia spazio a più fresche note di agrumi amari (pompelmo). Acidità e frizzantezza danno brio e la rendono perfetta per l'abbinamento con la bouillabaisse, la ricca zuppa di pesce profumata con zafferano, scorza d'arancio, timo, finocchio selvativo, prezzemolo: c'è l'incontro sui toni agrumati e il giusto contrasto tra sapidità e morbidezza.
Escargot “alla bourguignonne” - Wit - St. Bernardus
Le wit (o blanche) sono le birre tipiche del Brabante, riportate in vita da Pierre Celis negli anni '60; oltre al frumento, tipica è la speziatura con scorza di arancia amara e coriandolo. St. Bernardus nasce a Watou intorno al 1946 e oltre a corpose birre d'abbazia, produce anche una wit, tra le più classiche (con una ricetta sviluppata proprio insieme a Pierre Celis). Frumento e arancio aprono la strada a una gradevole nota speziata che incrocia il pepe della preparazione, presete sia nel brodo in cui vengoo cotte le lumache, sia nella guarnizione con una crema a base di burro, scagno, aglio, prezemolo e - appunto- pepe. La moderata gradazione alcolica accompagna, senza sovrastare i sapori del piatto mentre la freschezza della birra contribuisce a sgrassare il palato.
Boeuf Bourguignon - Oerbier - De Dolle Brouwers
"Birra originaria": questo è il significato del nome di questa birra, la prima brassata dai fratelli Kris, Jo e Waard Herteleer. Difficile da inserire in uno stile; lo spettro aromatico gioca su toni maltati che ricordano il caramello, l'uvetta e la prugna. Stesso registro per l'attacco in bocca, ma poi arriva la sorpresa: un sorso venato da acidità quasi vinosa (a causa di un particolare ceppo di lievito utilizzato), perfetto per accompagnare senza paura e esitazioni lo stufato di manzo cotto con aromi e verdure - in genere cipolline e funghi - nel vino rosso, e la riduzione con cui si accompagna.
Tarte tatin - Fou Foune - Cantillon
Cantillon è un nome che non ha bisogno di presentazioni; dal quartier generale di Anderlecht, Bruxelles il suo lambic e le sue gueuze hanno conquistato il palato di un numero sempre crescente di estimatori e appassionati. Tra i gioielli della sua gamma, c'è anche la Fou Foune, un lambic che prevede nella ricetta l'utilizzo di albicocche Bergeron. Il naso si apre proprio su fragranti sentori fruttati accompagnati da classiche note di cuoio, di cantina e citriche; la bocca è tesa e secca, sferzata da piacevoli ritorni di albicocca. Con la tarte tatin, la torta di mele rovesciata, si creano intriganti giochi di accordi e contrasti.
a cura di Antonella De Santis e Willliam Pregentelli