Dall'epoca d'oro di fine '800 alla chiusura 10 anni fa con la successiva trasformazione in spazio museale. Oggi la tonnara di Favignana si candida a diventare la quarta attiva in Italia. Ma dovrà ancora attendere almeno un anno.
C'è stato un tempo – si racconta sull'isola - in cui la tonnara di Favignana impiegava più dipendenti della Fiat, 800 persone che ogni giorno varcavano la soglia dello Stabilimento Florio, poi chiamato laconicamente Ex Stabilimento Florio, quando la proprietà (insieme a quella di tutta l'isola) è passata di mano nel 1937. All'epoca Favignana contava 4500 abitanti ed è facile presumere che, in ogni famiglia, ci fosse almeno un impiegato in questa industria all'avanguardia per i tempi: era la Fiat delle Egadi, appunto. La lavorazione del tonno, pesca prima e conservazione poi, e tutte le operazioni connesse a queste due attività, dalla posa delle reti alla manutenzione delle strutture dalla cottura all'inscatolamento alla commercializzazione del prodotto finito – è stata centrale nella vita dell'isola. Per il benessere che ha portato, per la vita che vi ha irrorato, la mondanità e l'energia che per molti anni ha investito questo fazzoletto di terra di fronte a Trapani.
Franca Florio
La famiglia Florio
Merito della famiglia Florio, una dinastia che nel corso di un centinaio di anni ha animato la vita commerciale, sociale e culturale delle Egadi e di buona parte della Sicilia. Un esempio di imprenditoria illuminata e innovatrice; si deve proprio ai Florio (nello specifico a Vincenzo, uno dei più importanti capitani d'industria di metà Ottocento, artefice anche della nascita del famoso Marsala Florio) l'invenzione della conservazione sottolio del tonno, fino ad allora lavorato sotto sale. Questa innovazione, insieme ad alcune migliorie apportate al sistema di pesca, cambiò radicalmente la vita di chi era coinvolto nella tonnara, che da allora impiegò anche molte donne nella cottura, la lavorazione e la conservazione nelle scatole di latta con la nuova apertura a chiave.
Gli stabilimenti
Alla tonnara si unì infatti anche uno stabilimento di lavorazione del pesce, che il figlio di Vincenzo - Ignazio (detto senior per distinguerlo dal figlio) – trasformò in uno dei più importanti siti industriali dell'epoca. A vederla oggi, la tonnara – di proprietà della regione Sicilia - è un maestoso esempio di architettura industriale, che conserva il fascino della storia che vi si annida, e una sacralità profonda – amplificata dalle navate e dall'infilata di archi imponenti - legata all'attività stessa della cattura del pesce. 32mila metri quadrati, di cui oltre tre quarti coperti, corti e spazi diversi per dimensioni e destinazioni d’uso, tre alte ciminiere, 24 caldaie di cottura del pesce, e altre aree in parte riconvertite a sale espositive, come quella che oggi ospita la video-installazione Torino con i racconti dei vecchi operai della tonnara, o quella che accoglie i reperti archeologici ritrovati nell'arcipelago. Ancora nell'ultima stanza, quella che affaccia sul mare, sono conservate le barche usate ella pesca, un museo delle navi dal fascino unico. L'obiettivo è questa struttura diventi un centro d’informazione sul mare e sul tonno, nel suo ruolo non solo nell'alimentazione e nel commercio, ma anche negli equilibri dell'ambiente marino e nell'apparato culturale.
La mattanza
Per quanto oggi la mattanza non sia più in uso, per il suo carattere cruento, non se ne può ignorare il valore rituale, di lotta dell'uomo contro la natura, la ferocia spettacolare del suo svolgimento che richiamava agli inizi del secolo scorso anche il bel mondo che Ignazio Junior e l'affascinante moglie Franca (la famosa donna Franca immortalata dai pittori dell'epoca) avevano riunito attorno a sé, da D'annunzio a Edoardo VII d'Inghilterra, da Mascagni a Boldini (suo un famoso ritratto) a de Montesquiou. L'ultima pesca risale a 11 anni fa. Quando, nel 2007, per l'ultima volta è stata calata la tonnara (termine che si riferisce tanto al sistema di reti, quanto all'edificio in cui si svolgono le attività connesse alla pesca) di Favignana, e l'ultima della Sicilia, che un tempo ospitava oltre 120 tonnare attive, dove si pescavano decine di migliaia di esemplari. Oggi sono una sessantina, silenti monumenti a una sapienza antica che rischia di andare perduta, alcune sono abbandonate, altre trasformate in musei, strutture ricettive, spazi per eventi, tutte ancora capaci di una grande forza attrattiva per la suggestione delle loro architetture e la memoria della storia e la cultura che conservano. In tutta Italia sono solo sei quelle autorizzate, ma solo la metà sono attive, (secondo il Wwf), tutte in Sardegna. Mentre il tonno che si trova un po' ovunque, a Favgnana, non è certamente pescato locale.
Le quote pesca
Negli ultimi decenni del secolo scorso tutto è cambiato, con l'arrivo delle navi giapponesi allo stretto di Gibilterra (il tonno rosso del Mediterraneo è molto più pregiato del pinna gialla oceanico), la diffusione di sistemi di pesca industriali, il conseguente rischio di estinzione e le quote pesca definite dall'Unione Europea che hanno portato a un progressivo ripopolamento dei nostri mari, tanto che i limiti sono stati gradualmente rialzati, con non poche polemiche da parte delle associazioni ambientalistiche, Wwf in testa. Di che cifre parliamo? 23mila tonnellate nel 2017, dalle 60mila di 10 anni prima, con una riduzione vertiginosa immediatamente dopo l'allarme e un successivo incremento del 20% ogni anno, con il limite aumentato dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (ICCAT) a 28mila tonnellate per il 2018 (di cui 3.894,13 all'Italia); cifra che il Wwf indicava come tetto massimo al 2020, quando si assesterà probabilmente intorno alle 36mila, con grande disappunto espresso dall'associazione poiché, spiegano, gli stock non sono ancora ricostituiti in modo stabile. Ovviamente non è solo il tonno a patire lo sfruttamento indiscriminato: stessa sorte ha subìto il pesce spada (che con il tonno condivide le stesse esche), chedal 2017 deve sottostare al sistema delle quote. Il mercato del tonno rosso è valutato a circa 255 milioni di dollari quando il pesce viene catturato, ma il valore di quadruplicato al momento della vendita.
L'eredità dei tonnaroti
Oggi però a rischiare l'estinzione sono in tonnaroti. A Favignana se ne contano una ventina, con ill Rais - Salvatore Spataro - colui che dettava tempi e procedure durante la mattanza, ancora pieno di carisma nonostante il fermo forzato. Eredi di una sapienza antica protagonisti spesso di racconti orali o scritti. Un paio di anni fa hanno rimesso in mare le reti e preparato tutto l'occorrente per far ripartire l'attività della tonnara. Fu un evento dimostrativo, quello del 2016: una mattanza simulata firmata da Castiglione (tra i maggiori produttori di tonno in scatola per i marchi da gdo che nel 1985 ha acquisito il marchio Florio), con i tonni poi rilasciati in mare, si sperava preludio di una futura ripresa dell'attività.
La sala dell'inscatolamento
La rinascita d Favignana: gli antefatti
Cosa serve perché questo accada? Innanzitutto che vengano assegnate delle quote, si parla di 100 tonnellate. Lo scorso anno sembrava cosa fatta, con il Decreto Mezzogiorno in cui si parlava di ammettere Favignana alla ripartizione delle quote aggiuntive come tonnara fissa (da assegnare, poi, tramite un bando pubblico), secondo quanto scritto nell'emendamento presentato da Pamela Orrù, che auspicava la ripresa delle attività della tonnara di Favignana come modello produttivo di economia del mare sostenibile (di esemplari adulti catturati e uccisi con tecniche non cruente), oltre che come espressione di identità culturale e locale.
La stessa Orrù sollecitava, all'inizio del 2018, un incontro tra l'allora Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Giuseppe Pagoto, sindaco di Favignana e presidente FLAG – GAC Isole di Sicilia, per spingere proprio alla concessione delle quote. Cosa è successo da allora? “È mancata l'attribuzione a Favignana nel Decreto di Ripartizione delle Quote di Pesca per il 2018-2020”c risponde Pietro La Porta, direttore del Gac - Flag Isole di Sicilia. Ricapitolando: visto che la tonnara di Favignana è stata inserita nell'elenco comunitario di quelle che possono pescare il tonno, visto il Decreto del Mezzogiorno del 2017, e l'aumento quota tonno per l'Italia (3.894,13 tonnellate per il 2018; 589,31 in più rispetto al 2017), “tutti si aspettavano che quest'anno nel decreto fosse attribuita una quota alla tonnara fissa di Favignana”. Invece non è successo: come mai? “Sfuggono le motivazioni tecniche”.
Quali prospettive per la tonnara di Favignana
Sarebbe la quarta in Italia, la prima in Sicilia, sostenuta dal parere favorevole di università, enti di ricerca ed istituzioni, anche gli ambientalisti hanno dato parere favorevole e supportato scientificamente l’iniziativa anche in relazione alla sostenibilità ambientale. Giuseppe Pagoto spinge in questa direzione, per l'impulso economico che la produzione e l'indotto turistico collegato (nel periodo di maggio giugno), porterebbe all'isola, con – in più – la rinascita di un patrimonio culturale che sta scomparendo, di cui i pochi tonnaroti sono custodi, e il mantenimento della tradizione locale. L'ambizione sarebbe quella di rendere l’ex stabilimento Florio “un grande centro di formazione per le eccellenze del mare" dice Pagoto. Un tema caldo, oggetto di manifestazioni come “Pescebello Fish Tour delle Isole – speciale Tonnara” che a fine giugno ha attirato l'attenzione proprio sulla questione del tonno, sul suo valore culturale, economico, gastronomico, sul patrimonio storico della civiltà della tonnara. “Siamo riusciti a salvare nelle nostre isole solo la tonnara di Favignana, visto che L’Unione europea voleva cancellare le tonnare inattive” dice il sindaco Pagoto, che aggiunge “adesso il nostro obiettivo è quello di calare le reti nel 2019”.
a cura di Antonella De Santis