Ha inaugurato all'inizio della primavera scorsa dopo lunghe ricerche e studi di fattibilità: come conquistare i newyorkesi con un prodotto buono e made in Italy? Elisa ha scelto la pizza, al padellino, mettendo a frutto la sua passione per la panificazione e la pasticceria in una piccola bottega-laboratorio di Park Slope. Ecco come sta andando.
Da Milano a New York
L'insegna ha aperto le porte al pubblico all'inizio di marzo scorso, nel cuore di Park Slope, Brooklyn. Elisa Rizzi, però, a New York è arrivata già nel 2015, alle spalle studi di pasticceria e panificazione presso Castalimenti, e incontri folgoranti con Iginio Massari, Piergiorgio Giorilli, Giuliano Pediconi, dopo una laurea in Economia che la spingeva in tutt'altra direzione. Dall'altra parte dell'Atlantico Elisa è arrivata per seguire suo marito, da subito ha iniziato a pensare come mettere a frutto la sua formazione. Ma è stato necessario studiare il mercato, uno dei più difficili del mondo, a lungo, prima di prendere il coraggio a quattro mani, consapevoli di poter rappresentare un'offerta originale nella città che somministra cibo a tutte le ore, dove le tendenze esplodono repentine per esaurirsi con altrettanta rapidità, e raggiungere la sostenibilità economica non è proprio affar semplice. Specie quando l'investimento è riposto in qualcosa di nuovo, certamente attraente, ma anche difficile da sottoporre alle abitudini di consumo locali.
New York ama l'Italia
Certo, la ristorazione newyorkese degli ultimi tempi non manca di farsi ingolosire dalle tradizioni made in Italy: lo dimostra il boom di pizzerie e trattorie alla moda “romana” (in realtà un'interpretazione piuttosto fantasiosa del genere, trainata dalle imprese di Danny Meyer e ora decisamente fuori controllo; l'ultimo della lista è Jonathan Benno, che ha appena inaugurato a Nomad la sua Leonelli Taberna), ma pure il moltiplicarsi di realtà gestite direttamente da italiani arrivati in città. Come la gelateria siciliana di Giacomo D'Alessandro (Polosud a Little Italy) o Terre Pasta&Natural Wines, ultima prova di un imprenditore già piuttosto navigato come Alessandro Trezza, che a New York, già 5 anni fa, esportava la sua premiata gelateria L'Albero dei Gelati. Ma ci sono anche i big di casa nostra che nella Grande Mela provano a bissare il successo nazionale, da Gino Sorbillo a Stefano Callegari e Angelo Iezzi, al giovane Fulvio Marino, consulente per la pizza in teglia di Eataly Flatiron, che a maggio ha inaugurato il format Alla Pala. Non è un caso che proprio la pizza, e non solo nella sdoganata variante napoletana, rappresenti una valida risorsa imprenditoriale.
MotherDough. Pizza, pane, dolci
Elisa ha ragionato proprio su questo: MotherDough, al civico 72 di 7th Avenue, è laboratorio e bottega di panificazione, una bakery destinata a mettere a sistema la produzione di pane da farine made in Italy, che però non rinuncia a far leva sulla pizza: “Quella al padellino, nello specifico. Una proposta che da queste parti è ancora piuttosto inesplorata (ma il 94% degli americani mangia abitualmente pizza, circa 13 chili a testa ogni anno!), cui si aggiungono la nostra produzione di dolci da forno, le focacce, la ciabatta. Il prodotto è nuovo, piace. Ma va spiegato”. Anche perché Elisa, che i primi passi in città li ha mossi come consulente pasticciera per il Four Season Restaurant e per il Gotham Restaurant, ha voluto perfezionare un prodotto che parlasse della sua italianità e della possibilità di coniugare il gusto con la leggerezza. A partire dall'impasto, “ideato con Giuliano Pediconi, da farine integrali del Mulino Paolo Mariani e lievito madre, ad alta idratazione, difficile da gestire specie con l'acqua locale, che è molto dura. Il risultato però è molto soddisfacente, profumato, ricorda un po' l'aria di pane di Renato Bosco, per intenderci: croccante all'esterno, ma soffice al morso, cotto in forno elettrico”.
Sopra ci finiscono tanti ingredienti che Elisa importa dall'Italia, dal prosciutto di Parma al Parmigiano Reggiano, alla passata di pomodoro DeCecco, “la nostra sfida è proprio quella di dare importanza al topping, con abbinamenti calibrati. Qui spesso si preferiscono soluzioni molto cariche, noi proponiamo idee stagionali e pochi ingredienti, ma buoni: la vegana con crema di hummus e verdure di stagione, pesto, mozzarella e pomodoro, provolone e soppressata. Serviamo la pizza tagliata in 8, da mangiare qui o a domicilio”. Si apre all'ora di pranzo e fino alle 22, ma al laboratorio, ogni giorno, Elisa è al lavoro già dalle prime ore del mattino, “la difficoltà maggiore, ora, è quella di trovare personale qualificato che possa aiutarmi con la produzione. I ritmi di lavoro qui sono piuttosto stressanti e nella gestione dell'impasto ci vuole molto manualità”. Perché MotherDough è anche pane, “una ciabatta da biga, che serviamo anche farcita per il pranzo”. E poi dolci, perché il primo amore non si scorda mai, tra torte, monoporzioni, dessert al bicchiere. I primi mesi hanno ripagato dell'impegno: “Stiamo conquistano la nostra clientela abituale, abbiamo molti giovani, ma il target è variegato. Con il desiderio di replicare in altri quartieri della città, e perché no, a Los Angeles, San Francisco, Chicago”. Sognare non costa nulla.
MotherDough - New York - Park Slope - 72, 7th Avenue - motherdough.pizza
a cura di Livia Montagnoli