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Barhandbag. È italiana l'idea del calice monodose (e tascabile) da vino frizzante

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Il brevetto è stato perfezionato da due veneziani, ma probabilmente sarà prodotto in Inghilterra, dove la richiesta è già alta. L'idea? Distribuire sulla gdo, ma pure in catering, eventi, a bordo di aerei un calice in plastica pratico e funzionale, studiato per preservare le caratteristiche e il gusto di un vino frizzante. In “confezione” monodose da 187 ml, pronta per essere servita. 

 

Il calice (già riempito) da borsetta

Sul sito della Liquid Division già campeggia l’immagine di quello che viene definito “l’unico calice monodose nel mondo con vino frizzante”, in una parola sola Barhandbag, com'è stato ribattezzato. E chiaro è pure il riferimento alla paternità del brevetto: made in Italy. Non a caso, dietro alla società con sede a Londra, sono ben due (su tre) i soci con natali veneziani, sebbene la startup avviata insieme alla moglie di uno di loro – inglese – abbia sede a Londra. Proprio alle origini venete di Omar Zanatta e Marco Musuragno, in realtà, si deve l'idea di sviluppare un particolare bicchiere in plastica dotato di tappo (anch'esso studiato nel dettaglio) che possa preservare il gusto e le caratteristiche di un vino frizzante o di uno spritz, riferimento che per territorialità sembra il più congeniale all'invenzione perfezionata dalla Liquid Division. Nello specifico un contenitore in plastica (priva di bisfenolo, e quindi 100% riciclabile) con chiusura ermetica assicurata da un tappo a vite con filettatura interna, e un gambo estraibile all'occorrenza per simulare al meglio l'idea di un calice, ma con tutti i vantaggi di una soluzione salvaspazio, e quindi facilmente trasportabile. L'oggetto è quindi il risultato di una riflessione attenta sulle esigenze di un mercato che, specie nel mondo anglosassone (dove probabilmente l'idea troverà la sua destinazione privilegiata), si dimostra sempre più attratto dalle bollicine italiane.

 

I vantaggi di Barhandbag

La chiusura con tappo a vite facilita l'apertura anche in situazioni di precarietà, eliminando la pressione interna al bicchiere, al momento disponibile con una linea di vini frizzanti (brut) e vini fermi (Merlot e Chardonnay), in soluzione monodose da 187 ml. Ma i vantaggi evidenziati da chi l'ha ideato spaziano dalla possibilità di ridurre i tempi di servizio – qualora il prodotto fosse adottato in caso di eventi o catering, anche in contesti che vietano il servizio in vetro – all'opportunità di ridurre lo spreco eliminando il doppio imballaggio bottiglia/bicchiere; a questo si aggiunge la possibilità di lavare in lavastoviglie e riutilizzare il bicchiere da un lato, l'idea di fornire un utile strumento di controllo a chi serve e consuma l'alcol dall'altro, grazie alla capacità predefinita del calice. E invece che dicono Zanatta e Musuragno della necessità di preservare le caratteristiche del vino? Raccontando la propria storia al Corriere del Veneto, i due rassicurano il consumatore: oltre ai vantaggi già elencati – non ultima la possibilità di servire il prodotto anche in aereo, proprio per la capacità di mantenere stabile la pressione all'interno del bicchiere - “una volta aperto, il prodotto può essere consumato entro tre giorni”.

 

Dall'idea alla produzione

Del resto la Liquid Division non è nuova a esperimenti del genere. Dalla stessa società, in passato, sono stati lanciati sul mercato il bicchiere da birra e il cosiddetto spritz o'clock (da 250 ml), variazioni sul tema di un prototipo monodose pensato soprattutto per la gdo, per fornire al consumatore finale la possibilità di acquistare un singolo calice di vino frizzante (birra, spritz...) al supermercato, pronto per essere servito. Non a caso, sostengono alla Liquid Division, ancor prima di avviare la produzione gli ordini sono arrivati copiosi: circa due milioni di pezzi già richiesti da clienti di tutto il mondo, molti proprio in Inghilterra, dove al momento l'azienda ha stabilito il suo quartier generale. Il sogno, però, è quello di realizzare lo stabilimento produttivo in Italia, in Veneto, con un piano d'investimento stimato di 1,6 milioni di euro, e l'idea di impiegare circa 50 persone. Gli ostacoli da superare, però, sono legati principalmente alla burocrazia e all'accesso al credito, “mentre in Inghilterra”assicurano i soci“abbiamo immediatamente ottenuto il via libera a operare, godendo anche di una serie di agevolazioni fiscali riservate alle startup”. Perché il progetto si concretizzi in Italia, invece, Liquid Division avrebbe bisogno di un finanziatore disposto ad assumere almeno il 20% dell'investimento, col rischio, però, che il nuovo arrivato finisca per assumere un ruolo decisionale importante.


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