Dimmi che bevi e ti dirò chi sei. Nell'agile volume edito da Giunti, Filippo Bartolotta identifica 12 profili archetipici, tracciando, di ognuno, personalità e gusti in fatto di vini.
Il suo nome è salito agli onori delle cronache quando ha scelto i vini da accompagnare ai piatti di Massimo Bottura e li ha serviti niente meno che a Barak e Michelle Obama, in una cena nella casa dell'ambasciatore John Phillips. Ma Filippo Bartolotta non è certo un nome nuovo nel panorama enologico internazionale.
L'autore
Toscano di origine ma cittadino del mondo, Bartolotta è un esperto di vino. Come lo è diventato, lo racconta lui stesso, a partire da quel primo approccio - quando era ancora un ragazzo – mediato da un amico più grande. Uno starter fenomenale che ha dato il via a studi matti e disperatissimi che si intersecavano a quelli universitari rinsaldando un legame con la terra e il vino, corroborati da letture, assaggi, visite in vigna. Poi le prime esperienze, a Londra, al museo del vino, il Vinipolis al Borough Market. Una palestra in cui provare vini di tutto il mondo, luogo di confronti incontri e analisi, poi arricchiti da tanti altri passaggi, teorici e pratici. Come quelli per Decanter Magazine o la Guida Vini d'Italia de L'Espresso. Un percorso avvincente, tra assaggiatore e divulgatore. Solo uno dei molti possibili, perché “non esiste una strada canonica per diventare esperti di vino”.
Storia e antropologia
E Bartolotta dà prova delle sue capacità di divulgatore nel capitolo dedicato al viaggio storico antropologico nel mondo del vino. Una cavalcatadalla Mesopotamia ai giorni nostri a ritmo sostenuto, con rapidi flash a illuminare in modo limpido e diretto alcuni momenti, snodi e figure focali, fosse la differenza di approccio tra cru e chateau bordolesi, o il modo in cui lavorano i lieviti, o l'opera di Dom Perignon.
Le grandi degustazioni di Parigi
Non manca di illustrare alcuni momenti chiave della moderna enologia, come la famosa degustazione di Parigi del 1976, quella organizzata da Steven Spurrier (che firma la prefazione del volume) che contrappose i premier cru classé di Bordeaux e i grandi Chardonnay di Borgogna a Cabernet Sauvignon e Chardonnay californiani. A valutarli alla cieca, giornalisti e degustatori, i più esperti del mondo. Una degustazione mitica, anche per il risultato: il nuovo mondo sconfisse il vecchio 2 a 0. Perché qualcuno non si fidò dei risultati e la degustazione fu ripetuta, con uguali esiti. Ma, a distanza di tempo, suggerisce altre chiavi di lettura rivelando palati e preferenze differenti, ma soprattutto risultati diversi tra degustazioni in batteria e semplici assaggi.
Non manca, in questa agile cronaca del vino, anche l'invasione (più che pacifica e benvenuta) dei Super Tuscans, a partire da quella degustazione bendata che si fece, sempre a Parigi, nel 1977 tra i migliori Cabernet Sauvignon del mondo. Vincitore fu un vino nato da pochi anni a Bolgheri, fuori da qualsiasi denominazione, dunque – semplicemente - “vino da tavola”. Il suo nome era Sassicaia. Apripista di una generazione di grandi vini. Quel che è accaduto dopo, lo conosciamo, con le grandi etichette (Tignanello, tanto per dirne una), l'uso (e talvolta l'abuso) delle barriques. E via discorrendo.
Da Robert Parker fino alla controrivoluzione dei naturali
Robert Parker merita un altro paragrafo: con la sua classificazione in centesimi – poi diventata di riferimento - segna l'inizio di un'era. Anche per via dell'idea di vino che contribuì a far affermare, quella tipica del nuovo mondo. In questa lunga passeggiata tra i momenti cardine della storia del vino, arriva fino alla più recente controrivoluzione dei vini di vecchia scuola: perché, a un certo punto, si è ricominciato a guardare di nuovo ai grandi maestri di ieri. Con l'arrivo dei vini cosiddetti naturali, frutto di metodi di coltivazione e produzione antichi più che tradizionali, spesso indipendenti rispetto alle denominazioni. Spirito ribelle, anima indomita, insofferenza verso l'omologazione (ma con la trappola di una nuova omologazione già dietro l'angolo): nasce un nuovo stile.
Conoscere e comprendere il vino
Passata in rassegna la storia, Bartolotta si concentra sulla metodologia. Come si produce il vino? Cosa ne determina il carattere? Di cosa si compone e cosa ne definisce la qualità? Dei molti quesiti, delle infinite cure, dell'incredibile varietà di elementi che influenzano il risultato, Filippo Bartolotta racconta in modo comprensibile, semplificando senza però banalizzare, rendendo queste informazioni basilari fruibili anche ai neofiti. Anche in questo caso, piccoli box fermano l'attenzione su questioni decisive: la potenza verde, la solforosa, la fermentazione malolattica, la definizione di biologico, biodinamico, naturale: tutte cose da sapere per capire, almeno un po', il vino.
In questo, l'affondo principale è quello sul ruolo dell'uomo e della natura, il territorio, le uve, la cantina. Passando in rassegna i principali vitigni, offre una mappa sintetica per orientarsi in un mondo complesso. Parla di clima, ambiente, suolo, annate e metodi di intervento dell'uomo. Modi di vinificazione (dolci, rosé, novelli, champenoise e charmat, bianchi, rossi, dolci e così via). Fino a giungere alla filosofia del vino. Perché anche il vino ha una sua filosofia. O meglio più d'una. Con l'inevitabile ritorno (almeno al giorno d'oggi) su orange, naturali, tipici.
Di che vino sei?
Ma questa dissertazione non è che il necessario preludio per entrare, in modo più diretto, nella questione che più gli sta a cuore: quale vino? Così, dopo aver tessuto la trama, Bartolotta ricama la traiettoria di questo libro che mira a rispondere a una domanda fondamentale, quella del titolo. E di farlo con un percorso semiserio di analisi della personalità enologica definendo una mappa di gusti e preferenze collegate a 12 caratteri. Bartolotta traccia 12 profili archetipici e altrettante possibili affinità enologiche. Qualcosa su cui lui, nella sua attività di sommelier, si è trovato a riflettere giorno dopo giorno, incappando anche in qualche errore, individuando pure quegli elementi che confondono il degustatore, novello o esperto che sia: luce, musica, prezzo, calici e apparecchiatura. Non possono mancare suggerimenti pratici di conservazione, servizio, abbinamento, degustazione, e un glossarietto basilare dei termini più comuni del mondo del vino.
I 12 archetipi
Torniamo allora alla domanda iniziale: di che vino sei? Cosa ti piace? Che genere di consumatore sei? L'innocente, per esempio è fiducioso, entusiasta e leggermente ingenuo. A suo favore giocano l'ottimismo, la purezza d'animo e la leggerezza; i suoi punti deboli solo la paura della solitudine, di non essere compreso e la tendenza a fuggire dalla realtà. Insomma: uno che ama giocare ma rimanendo sempre al sicuro. Non vuole avventurarsi su terreni che non conosce. Preferisce quindi denominazioni storiche, vini di pronta beva, immediati e non eccessivamente tannici. Vini dai profumi fruttati, e comunque familiari. Per uno delle Langhe è ipotizzabile una preferenza per Dolcetto o Barbera, Langhe o Roero, magari un Barolo di vecchia scuola, “dal tannino dolce con un tocco setoso potrebbe piacergli, ma i profumi terziari più complessi lo farebbero allontanare troppo da casa”. I vini naturali potrebbero attrarre il suo lato romantico e idealista, ma smarcando le espressioni più estreme. Stesso discorso anche sui vini dolci: meglio un Valpolicella Ripasso che un Vin Santo - “spesso troppo invecchiato e con troppo legno addosso” - e una Malvasia delle Lipari invece che un Marsala, “troppo alcolico”. E così via, definendo il suo palatoe i suoi vini. Continua così, con l'Uomo comune (responsabile, collaborativo, conformista) che ama vini rassicuranti, grandi marchi, niente spigoli o tannini importanti, con lui Montepulciano d'Abruzzo e Chianti la fanno da padrona. E poi il Guerriero, l'Angelo Custode, l'Amante - appassionato seduttivo raffinato, con difficoltà a dire di no e timore di non essere amato, preferisce i vini minori o le annate minori dei grandi vini: ama le Cenerentole – l'Esploratore, il Ribelle, il Creatore, il Sovrano, il Mago, il Saggio, il Burlone. E se siete curiosi di capire a quale categoria appartenete, non dovete far altro che rispondere al questionario a fine volume. Per la cronaca: a John Malkovich, Sovrano illuminato, piacciono rossi potenti e concentrati come i Cabernet Sauvignon della Napa Valley o della Costa Toscana; Emma Thompson, Amante e personalità raffinata e gentile, i grandi bianchi di Borgogna o una Vernaccia invecchiata. E invece cosa ha servito alla famosa cena ai coniugi Obama? Barolo '61 con un tocco vellutato per Barak e un Brunello del '64, di grande forza espressiva.
Di che vino sei? - Filippo Bartolotta – Giunti – 176 pp. - 12,90 €
a cura di Antonella De Santis