FoodinFashion verrà presentato venerdì 9 marzo a Firenze nell’ambito di Fuori di Taste con un evento nella Fabbrica dell’Argento di Pampaloni.
Una palla di vetro. Saper leggere in una sfera di cristallo quel che accadrà. In un mondo allergico al futuro, non restano che gli indovini. Ma chi sono oggi gli aruspici, i sacerdoti dell’arte divinatoria, quelli che dalle viscere del presente traggono norme di condotta, scorgono i riflessi delle nostre sensibilità, tic, interessi prossimi a venire? L’indovino è l’influencer, colui o colei che indica una rotta sicura nel mare mosso e a volte in tempesta delle tante mode effimere e contraddittorie. O il creativo, che attraverso il velo delle nuvole avvista il sereno e propone soste e approdi.
Il logo del progetto
Ho pensato a questo quando Susanna Gulinucci, per tanti anni mia collega al Gambero Rosso, mi parlò per la prima volta del lavoro di Nicoletta Lanati. Pensai proprio a un’indovina sui generis. Lei, da trent’anni nel mondo del tessile, capace di suggerire, in largo anticipo sui tempi, idee, ispirazioni, ancoraggi all’affamato e mai sazio mondo della moda. Nicoletta stava ora cercando nuovi stimoli e illuminazioni. Ma che cosa voleva da noi, come avremmo potuto esserle utili? Aveva semplicemente immaginato che la nostra esperienza nel food sarebbe stata preziosa per mischiare i generi, per dar vita a un progetto che mettesse in connessione i mondi della moda e del cibo. Scommettendo sulla comune ispirazione che può far nascere un abito o un piatto.
La ricerca delle immagini
Nicoletta cercava innanzitutto immagini. È stato così che ho suggerito a Susanna di sfogliare insieme la collezione di Cook_inc., rivista con cui collaboro da anni, salvo accorgerci, immediatamente, di quale potenziale ci fosse in quelle foto una volta decontestualizzate, sottoposte a un diverso sguardo. Il link con Anna Morelli, direttore ed editore di Cook_inc. è stato del tutto ovvio e naturale fino a concretizzarsi in una full immersion di due giorni a Lucca. Lì, complice anche una formidabile cena dai ragazzi de Il Giglio (i primi chef che ci hanno dato subito il loro incondizionato sì) ha preso forma il progetto tutto al femminile di FoodinFashion con Alexandra Chierici a fare da coordinatrice e il contributo di altre due imprenditrici tessili, Bona Mastruzzi e Chiara Butti. “Un progetto estetico è di per sé un progetto morale, una terza via per esplorare nuove opportunità che sono davanti a noi. Art to be, viviamo l’arte”, diceva Nicoletta.
Ed è nel suo laboratorio, nella zona industriale di Como, un immenso loft occupato da tessuti e materiali di ogni genere ed epoca, che il gruppo al completo è diventato operativo per definire la scaletta del nuovo trend-book FoodinFashion. Ma che cos’è un trend-book? È uno strumento di lavoro a temi molto utilizzato dagli stilisti che vi trovano ispirazione per le nuove collezioni. È realizzato in maniera completamente artigianale con collages di stoffe, immagini, materiali più disparati e allestito come un grosso catalogo. Viene di norma prodotto due volte l’anno in occasione delle sfilate per prefigurare le tendenze future, in anticipo di due stagioni. Molti ne ha prodotti in questi anni Nicoletta. Anche il nuovo book avrebbe dovuto rispondere a una serie di caratteristiche arricchendosi però questa volta non solo di fashion ma anche di food.
Un rapporto evoluto con il cibo
Sappiamo che ci sono movimenti che si radicano in maniera definitiva nel sentiment di ognuno. Uno di questi sta disegnando il rapporto che tutti, almeno in Occidente, dovremo stabilire con il cibo. Non più solo nutrimento ma metafora di quella degenerazione – arrestabile - che il consumo porta con sé. Per questa ragione- riflettevamo - il messaggio rinchiuso nel food, può essere strappato alla sua natura effimera e al consumo predatorio, sostanziandosi in un tessuto, in un dettaglio stilistico e diventando testimone di un’epoca. Dovrà essere lo sguardo creativo a trasfigurare i semplici ingredienti della cucina in piccole opere da “gustare” non più solo con il palato. Un piatto o un dettaglio da imprimere in una tovaglia, in un foulard, in una carta da parati, su un packaging… La nostra fantasia ha cominciato a correre!
Donne in guerra. Ostrica al rogo. Lorenzo Stefanini, Benedetto Rullo, Stefano Terig, Il Giglio, Lucca
Gli chef coinvolti
I primi chef ad essere coinvolti nel progetto sono stati, come si diceva, i tre giovani de Il Giglio di Lucca (Lorenzo Stefanini, Benedetto Rullo, Stefano Terigi). E poi ci siamo subito dette che non poteva mancare Paolo Lopriore, non solo perché ha l’avanguardia scolpita nel suo dna ma anche perché Il Portico sta ad Appiano Gentile (Como), nello stesso distretto del tessile di Nicoletta. Paolo ha subito colto il senso del progetto: “Non voglio fare un piatto ma occuparmi di materia. Se affetto una rapa sottilissima e la guardo in controluce è la trama di un tessuto” . Era esattamente questa l’idea. Anche per Massimo Bottura la reazione è stata di “wow”. Forse siamo arrivate con la cosa giusta al momento giusto. La collaborazione di Massimo con la maison Gucci aveva appena portato all’inaugurazione in Piazza della Signoria a Firenze del Gucci Osteria da Massimo BotturaLINK. Una coincidenza perfetta. Come se tutto fosse già magicamente in circolo. Con Karime Lopez Kondo, alla guida del Gucci Osteria, è stata subito intesa. Lei pur così lontana dal mondo della moda e che però, al ristorante, deve mettere d’accordo due clientele, quella interessata solo al cibo e quella con un esclusivo interesse per lo shopping ma pronta eventualmente a scoprire la creatività del food. E poi, l’altro “angelo caduto dal cielo”, Annalisa Borella, pastry chef al Villa Feltrinelli a Gargnano (Brescia) alla scuola del grande Stefano Baiocco dopo essere passata anche dal maestro Marchesi.
Abbiamo a lungo discusso sui quali dovessero essere i temi del book (leggere il futuro non è certo facile…!) lasciando poi carta bianca agli chef che ai diversi temi avrebbero dovuto ispirare i loro piatti.
Paolo Lopriore
Paolo Lopriore ha interpretato Indefinito Presente. Nelle sue creazioni le sottilissime fette di rapa si prestano al gioco del movimento dei tessuti riproducendone la stessa impalpabilità e trasparenza. Così le squame di un pesce, lasciate da parte (riciclo?) si trasformano nell’immaginazione dello chef in lustrini sfavillanti, possibili decorazione di un abito. O la rozzezza di un tubero di curcuma, appena spolverato della sua stessa polvere, acquisisce nuovo valore e identità a riprova che, come nell’arte, è lo sguardo dell’osservatore a determinare significati inediti. Evocando per esempio la trama di una iuta o di una canapa.
Lorenzo Stefanini, Benedetto Rullo, Stefano Terigi e Karime Lopez Kondo
Per il tema Donne in guerra, l’Ostrica al rogo è stato il piatto ideato dai giovani chef de Il Giglio di Lucca: un’ostrica messa ad ardere su un tappeto di pigne che intende ricordare le donne messe al rogo per stregoneria. Simbolo del femminile, l’ostrica in questo caso esprime metaforicamente il mea culpa maschile di fronte a quella rivoluzione del rifiuto che ha preso piede con la battaglia contro le molestie sessuali e le violenze di genere e che sta dando forma, dall’America all’Europa, a un nuovo femminismo. Sicuramente più determinato e aggressivo. E di cui abiti e corpetti simili a armature danno conto. “Le donne del mondo della moda e quello della cucina possono fare molto per il genere femminile. Sono delle guerriere, attente al dettaglio, al gusto, sempre ad un livello altissimo nel comportamento e nel modo di esprimersi. Nella lotta costante tra perfezione, ricerca e rispetto di sé”. Nelle parole di Karime Lopez Kondo e nel suo piatto, la Tortilla croccante, palamita marinata, crema di avocado, maionese di Jalapegno seccato e affumicato, c’è invece la rivendicazione di una femminilità non guerriera.
Massimo Bottura
A Massimo Bottura è piaciuto molto il tema Creature Inaspettate e lo ha fatto subito suo. Il riferimento è alla cosiddetta gender-neutral society che annulla le differenze di genere per instaurare la dittatura dell’indistinto sessuale. Il sesso è quello che sta tra le gambe, il genere è quello che sta nella mente. Con l’istituzionalizzazione del trans, la giustizia di genere sembrerebbe compiuta. Pene e vagina si confondono per neutralizzarsi reciprocamente. Massimo, con il suo piatto A volte germano, a volte pernice… ma anche bollito (selvaggina, sangue di lepre, cioccolato e caffè) trasla nella cucina questa fluidità di genere auspicando una sorta di pacificazione o quantomeno di tregua. Il piatto è accompagnato da un crostino impreziosito dal tartufo nero invernale che serve a fare la scarpetta nella salsa di sangue di lepre, per recuperarne fino all’ultima goccia. Giusto per ribadire il suo concetto di non spreco. Women/boy – ci siamo dette - potrebbe diventare anche l’etichetta di modelli trasgender per il guardaroba intercambiabile uomo donna.
Annalisa Borella
Uno stile non necessariamente a tinte forti ma piuttosto con richiami a un’elegante innocenza che sfuma in una romantica dolcezza è quello di Annalisa Borella, stile così ben dichiarato nel suo dessert. Annalisa ha iniziato a fare la pasticciera con la nascita di suo figlio. Dopo un liceo artistico e studi di danza moderna, si è dedicata a fare la mamma a tempo pieno sfornando torte per le feste dei bambini. Le innumerevoli richieste che fioccavano dalle altre mamme le hanno aperto un nuovo orizzonte. Non a caso per il book il suo piatto è legato al tema Futuro su ordinazione (quante torte le sono state ordinate!). Latte tra avocado e mela (mela in osmosi in latte, limone e vaniglia, crema di latte acida, tapioca in latte, sorbetto all’avocado, cialda essiccata di latte montato, gel alla mela verde, crema aspra di limone) è un dessert che ispira il fashion con tessuti virginali, quasi infantili, unici e irripetibili. “Le donne possono fare moltissime piccole cose” afferma Annalisa “piccoli atti d’amore come una semplice torta di mele. Tutte le mamme e le nonne del mondo la preparano, una diversa dall’altra. Insomma la mela ha una grossa responsabilità. Noi donne decidiamo se fare guerre o dialogare. Se inquinare o piantare alberi. Siamo noia scegliere se il futuro sarà sweet. Io ho già scelto.Nel mio futuro la prima cosa che voglio è la responsabilità”. E noi con lei. Senza bisogno di indovini.
a cura di Raffaella Prandi