Prima giornata dedicata ai temi del dessert, del gelato, del formaggio e della natura. A indagare il ruolo del Fattore Umano (il filo conduttore di questa edizione di Identità Golose) nel mondo della ristorazione. In più un omaggio alla regione ospite, la Calabria. Qui le tre parole chiave della giornata.
Nonostante la neve, parte puntuale la prima giornata di Identità Golose. Dopo la presentazione di Claudio Ceroni e Paolo Marchi (gli ideatori del congresso milanese) entra nel vivo il ragionamento sul Fattore Umano. Abbiamo raccolto tre concetti che hanno tessuto un filo conduttore in tutti gli interventi della giornata.
Anthony Genovese
Ritorno
Ritorno alla terra d'origine, dopo aver girato il mondo, dopo aver studiato altrove. È questo il mood dei giovani chef di oggi. Pensiamo a Caterina Ceraudo (Dattilo, Strongoli – Crotone) che dopo aver studiato da Niko Romito è tornata a casa, in Calabria, un territorio ricco di prodotti e di tradizioni ma allo stesso tempo una regione difficile, dove fino a poco tempo fa era impensabile investire in un ristorante fine dining. Oppure a Luca Abbruzzino (Abbruzzino, Catanzaro) che ha preso in mano l'attività familiare. In questo filone rientrano anche Floriano Pellegrino e Isabella Potì (Bros, Lecce), anche loro con trascorsi “fuori sede” che - fatidicamente attratti dalla loro Puglia - sono ritornati a Lecce. Ritorno è una parola trasversale, che si è sentita molto oggi sul palco d'Identità. “Voglio ritornare alla masticazione e alle lunghe cotture” esclama Anthony Genovese (Il Pagliaccio, Roma), “non sopporto più il sottovuoto, tra l'altro il ritorno alle lunghe cotture ha lo scopo di ritrovare i profumi, che ricordano casa e l'infanzia”. Stessa tendenza anche per Floriano Pellegrino: “Niente roner, solo tatto. Nella cucina di Bros cuciniamo pezzi di carne intera e controlliamo la cottura toccando” (e leggetevi a tal riguardo l'articolo di Pina Sozio sul numero di marzo del Gambero Rosso mensile, distribuito proprio ad Identità Golose nel nostro stand). Il che implica il ritorno ai gesti di una volta, quella gestualità che vedevi fare alla nonna nella sua cucina. C'è poi il ritorno al gusto, Pellegrino lo chiama background gustativo: “Stiamo lavorando per andare oltre l'ingrediente, perseguendo la rotta orientata verso il gusto. La tradizione non è un museo e gli ingredienti del territorio non possono rappresentare dei vincoli, quindi l'unico modo di svincolarci era puntare tutto sul gusto. Così il nostro menu degustazione è diviso in base ai gusti: c'è la parte dedicata all'acidità – le Linguine spezzate con latte, latticello rancido e cannella che hanno portato sul palco d'Identità ne sono un esempio – una parte umamica - sul palco: Spaghetti integrali, latte di pistacchio, liquamen (alici fermentate sotto sale per 6 mesi, una sorta di garum) -una più complessa e infine quella dedicata al dolce”. Ritorno al territorio, alle origini, ai gesti e alle tecniche di una volta, ritorno al gusto e alla masticazione. Proiettando il tutto nella contemporaneità, costruendo ciascuno la propria identità.
Caterina ceraudo
Rispetto
Anche qui si apre un mondo, il rispetto: verso le cose, le persone, le azioni. Per Simone Salvini (cuoco vegano) il rispetto deve essere rivolto alla terra e ai suoi cicli naturali, per Caterina Ceraudo (Dattilo, Strongoli – Crotone) è necessario rispettare e salvaguardare le tradizioni, come quella della sardella - “una conserva tipica a base di bianchetti di piccolissima o media taglia, un prodotto su cui si basava l'economia di interi paesi della costa ionica calabrese, che ora rischia di scomparire” - e bisogna portar rispetto alla materia prima, senza però porsi troppi vincoli. Il suo Gambero rosso marinato in succo di barbabietola ne è un esempio perché pur mantenendo il sapore del gambero, la struttura è completamente mutata. Per Luca Abbruzzino invece, il rispetto tocca tutte le sfere: “Bisogna rispettare il proprio lavoro, la materia prima, ma anche chi te la fornisce, chi te la produce, chi lavora con te. Per me rispetto e Fattore Umano sono di fatto sinonimi”. Della stessa filosofia Maria Solivellas (Canatoneta, Maiorca – Spagna), che rispetta le tradizioni maiorchine, anzi le ha ricercate e catalogate, e rispetta gli agricoltori. “Ho un'assoluta riverenza e rispetto nei loro confronti, molti mi hanno aiutato nel recupero dei ricettari tradizionali di Maiorca e delle varietà tipiche del territorio”. Non a caso la sua cucina èsencilla, a conferma il piatto portato: Carota viola, maiale e finocchio selvatico. In più la chef spagnola lancia un appello a tutti i turisti che frequentano o frequenteranno la sua isola: “Rispettatela!”.
Virgilio Martinez
Sostenibilità
La sostenibilità ha mille sfumature. C'è chi cerca di eliminare qualsiasi spreco, come per esempio Francesco Mazzei (Sartoria, Fiume e Radici, Londra – Gran Bretagna) che presenta il Maiale dalla testa alla coda, proprio perché del maiale non si butta via nulla. “In questo piatto utilizzo tutto, dalla pancia alle guancette, dal musetto alla coda, alla pelle”. E chi fa un discorso più ampio, come Virgilio Martinez (Central, Lima – Perù) con il suo menu verticale, declinato in base alle altitudini sul livello del mare. “È un modo per capire meglio chi siamo noi e per permettere alla nostra identità di evolversi. Ogni piatto è riferito a un'altitudine, e così il cliente entra in contatto con la biodiversità del Perù”. Una biodiversità che va salvaguardata e catalogata, cosa che il Central sta facendo da ormai sette anni grazie al progetto Mater Iniciativa. Sul palco, insieme al celebre chef peruviano, Julio Riveira, entomologo (che fa parte del progetto Mater Iniciativa), a parlare dell'enorme ricchezza del paese. “Attraverso il nostro lavoro di ricerca, siamo giunti alla conclusione che la biodiversità è una parte fondamentale dell'identità del Perù. Quindi siamo tenuti a salvaguardarla, e in questo contesto il ruolo di uno chef come Virgilio è fondamentale perché funge da megafono, da formatore. E concretizza, mette in pratica le nostre ricerche”. A Identità Virgilio porta un piatto a base di patate, ispirato a un piatto tipico delle popolazione andine. “In Perù ci sono centinaia di varietà di patate, il nostro ruolo è recuperarle e proporle all'interno di un piatto tutte”. È sostenibile dal punto di vista economico? Assolutamente sì, parola dell'economista Gonzagos anche lui nel team di Mater. “Oltre alla questione economica, attraverso le nostre ricerche stiamo salvaguardando l'identità del Perù. L'identità di un paese è infatti data da quello che è stato e da quello che farà con le conoscenze che ha”. Ed è per questo che hanno inaugurato il Mil, un nuovo centro di ricerca,nei terreni di un centro di ricerca degli Inca, al quale sono invitati tutti i ricercatori. La lezione di Virgilio si conclude con un invito:“Siete degli studenti e avete voglia di venire al nuovo centro a fare ricerca, siete tutti i benvenuti”.
a cura di Annalisa Zordan