Trattati di libero scambio, Imu sui terreni agricoli, voucher: favorevoli o contrari? Ocm promozione, Pac, Testo Unico del vino: come aggiustare il tiro? Abbiamo “interrogato” tre esponenti dei tre maggiori schieramenti politici. Ecco le loro risposte e proposte
Se la campagna elettorale è ormai agli sgoccioli, lo stesso non si può dire della campagna italiana, la cui importanza per l'economia del Paese è in fase crescente. Come dimostrano i 40 miliardi di euro raggiunti dall'export agroalimentare tricolore nel 2017, con la cifra tonda di 6 miliardi di euro per il solo comparto vino. Per questo motivo, il tema agricoltura ha trovato ampio spazio nei programmi politici di questo confronto elettorale. Programmi che abbiamo passato sotto la lente d'ingrandimento e su cui abbiamo “interrogato” gli esponenti della Commissione Agricoltura alla Camera dei tre maggiori partiti/poli in corsa (in ordine rigorosamente alfabetico: Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico).
A Paolo Russo, Chiara Gagnarli e Luca Sani abbiamo chiesto di analizzare e commentare le maggiori questioni vitivinicole, che in parte hanno già affrontato in questi anni e che, se salissero al Governo, si troverebbero ad affrontare e modificare nel corso dei prossimi mesi. Divide la questione dei Trattati internazionali di libero scambio, l'Imu sui terreni agricoli e i voucher. Simili, ma con diverse visioni del futuro, i punti di vista su Ocm Promozione e Pac. Tutti d'accordo - con le dovute osservazioni - sull'introduzione, avvenuta lo scorso anno, del Testo Unico del Vino e del Registro Telematico. Infine, abbiamo scelto tre proposte più rappresentative o innovative per ognuno dei tre interlocutori.
Accordi di libero scambio
Un tema spinoso, che vede soluzioni contrapposte, non solo tra partiti politici, ma anche tra associazioni di rappresentanza del vino. Qual è la vostra posizione in materia?
FI (Paolo Russo)
Non è pensabile che in nome di regole e parametri stabiliti a tavolino si escludano dai Trattati commerciali di libero scambio numerosi prodotti a marchio del nostro Paese. Èquesta la riflessione che proporremo all'Europa. Non dovrà mai più accadere quanto si è prospettato con il Ceta e con l'Ue-Giappone. Senza criteri certi e oggettivi e soprattutto senza una reciprocità certificata non ratificheremo alcun trattato. Il vantaggio competitivo dei prodotti del made in Italy è senza dubbio quello del valore determinato da una tradizione agricola che produce eccellenze inimitabili. Èper questo che bisogna lavorare per rafforzare il brand Italia, non solo e non tanto sotto l'aspetto del marketing e delle vendite, ma soprattutto combattendo con strategie ad hoc l'insidioso fenomeno dell'italian sounding, che confonde le idee ai consumatori e deprime i mercati. Pronti ad aprire mercati, ma nessuna deroga per la qualità dei prodotti e per le tutele dei lavoratori.
M5S (Chiara Gagnarli)
È vero, siamo critici su molti aspetti degli Accordi di libero scambio che sono stati avviati in questi ultimi anni, e lo siamo anche verso gli accordi con il Canada, con il Giappone (e le sue deroghe verso alcune Dop) e i Paesi del Mercosur (che aumenterà il contingente di carni importate in cambio di concessioni in altri settori). Lo siamo non per una presa di posizione, bensì perché molto spesso questi accordi non tutelano il nostro Paese. L’export - che nel settore vitivinicolo in particolare rappresenta la fetta più grande del mercato - può e deve essere incentivato attraverso azioni di promozione, ma anche attraverso il dialogo con gli altri Paesi.
PD (Luca Sani)
I Trattati sono fondamentali se vogliamo promuovere l’agroalimentare nel mondo. Ma non tutti i Trattati sono da ritenersi buoni. Le nostre produzioni di qualità sono viste come il fumo negli occhi, perché sono in grado di conquistare ampie fette di consumatori proprio per le loro caratteristiche intrinseche, sono cioè un concorrente scomodo. Per l‘Italia rimangono un presidio commerciale e qualitativo da difendere a ogni costo. Credo che la chiave di volta stia in una contrattazione equilibrata: se qualcuno vuole accedere al nostro mercato interno, che è uno dei più selettivi e appetibili del mondo, deve accettare di tutelare i nostri prodotti di punta nel proprio.
Voucher
Entrati in vigore nel 2008 proprio per la vendemmia, e poi estesi a tutti gli altri settori, sono stati abrogati ad aprile del 2014, in seguito a diverse irregolarità e abusi registrati. Tuttavia, molte associazioni di categoria ne hanno difeso l'utilità nel settore agricolo, facendo notare che eliminarli sia stato come “buttare via il bambino con l'acqua sporca”. C'è un futuro, nei vostri programmi, per questo sistema di assunzione?
FI (Paolo Russo)
Sì. Vorremmo, prima di tutto, ripristinarli in agricoltura, dove il lavoro stagionale è compatibile con un sistema veloce che tuteli i lavoratori, metta un argine al lavoro nero ed incoraggi le aziende agricole a reclutare nuove risorse quando necessario. L’abolizione dei voucher ha rappresentato per le nostre imprese agricole un ulteriore ostacolo allo sviluppo nella legalità.
M5S (Chiara Gagnarli)
Il sistema dei voucher, così come utilizzato negli ultimi anni in Italia, genericamente si è dimostrato fallimentare trasformandoli in uno strumento elusivo delle assunzioni subordinate. Lo strumento invece andava limitato ad alcuni settori particolari, che hanno il requisito di stagionalità, e con tutte le iniziali limitazioni e le garanzie per i lavoratori, invece sono stati usati per gonfiare le statistiche ed includere, nelle indagini come occupati, anche chi aveva fruito di un solo voucher nella settimana. Ènecessario fornire strumenti che non penalizzino i lavoratori agricoli e che siano funzionali a un settore particolare come l’agricoltura.
PD (Luca Sani)
Recuperando lo spirito originario con cui erano nati, si potrebbe pensare a ripristinarli per i picchi di lavoro saltuario in agricoltura, purché sia mantenuto un livello di attenzione alto: in passato vi erano stati un abuso e un'estensione esagerati.
Decreto autorizzazioni
Tra le novità del nuovo decreto, appena approvato, il blocco della migrazione dei diritti d'impianto da Regione a Regione. Non tutte le associazioni e i consorzi condividono. E voi che ne pensate?
FI (Paolo Russo)
Con il nuovo decreto si evita il rischio di spopolamento nelle aree che, pur avendo una specifica vocazione, rischiano per debolezza di non reggere sui mercati e provano la strada della delocalizzazione. Noi crediamo alle qualità e alle diversità, non all’omologazione di un solo modello produttivo.
M5S (Chiara Gagnarli)
Riteniamo in realtà che può essere un giusto compromesso per non perdere potenziale vitivinicolo ed evitare di incorrere in speculazioni.
PD (Luca Sani)
Il decreto è stato una scelta saggia e bene hanno fatto le Regioni che hanno subito bloccato la migrazione. Questa è una faccenda delicata. Essere “liberisti” in tema di migrazione dei diritti d’impianto significa rischiare d’impoverire definitivamente territori che in passato avevano una solida tradizione vitivinicola. Se oggi si desse il via libera senza vincoli regioni come Molise, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna perderebbero nel giro di pochissimo tempo migliaia di ettari a favore delle zone redditizie di altre regioni, ma questo pregiudicherebbe la ripresa di quei territori nel momento in cui si tornasse ad investire. Calma e gesso, quindi. Ci vuole equilibrio.
Imu sui terreni agricoli
Al momento sono esenti: i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o Iap a prescindere dal Comune in cui sono ubicati; i terreni agricoli ubicati nelle isole minori; i terreni agricoli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile; i terreni agricoli dei comuni montani; i terreni agricoli degli agricoltori pensionati. Quale futuro per l'Imu in agricoltura: abolirla del tutto, lasciarla com'è, reintrodurla per tutti?
FI (Paolo Russo)
Le nostre aziende agricole scontano una tassazione eccessiva, anche sui beni strumentali alle produzioni e questo le penalizza sui mercati internazionali. L’abolizione consentirebbe una crescita che significa nuovo appeal per le imprese e tanto lavoro per i nostri giovani.
M5S (Chiara Gagnarli)
La nostra posizione è sempre stata chiara: siamo contrari all’Imu sui terreni agricoli. Abbiamo proposto per questo anche di togliere l’Imu dai terreni in agricoli in affitto.
PD (Luca Sani)
Nel corso della Legislatura, siamo stati noi ad abbassare la tassazione agricola, introducendo diverse misure di agevolazione per quel che riguarda l'Imu agricola. Il testo, così come si presenta oggi, è frutto di una conquista importante, e per questo motivo – al di là delle facili promesse da campagna elettorale – va mantenuto.
Testo unico del vino
Entrato in vigore nel 2017, come "Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino" (legge 238/2016), è uno dei traguardi raggiunti dall'attuale Legislatura per rispondere all'esigenza di semplificazione burocratica. La sua funzionalità è, però, legata all'approvazione dei decreti attuativi. A che punto siamo?
FI (Paolo Russo)
Nel 2016 in commissione Agricoltura, grazie a uno sforzo congiunto che ha lasciato a casa paletti ideologici e pregiudizi, abbiamo favorito la nascita del Testo Unico sul vino. Una norma che ha senza dubbio colmato vuoti, ma ancora rigida e praticamente immodificabile. Avremmo preferito più decreti attuativi, ma non immaginavamo i ritardi che un Ministero, di fatto privo di guida, ha registrato in questi mesi, vanificando quello sforzo normativo.
M5S (Chiara Gagnarli)
Il Testo Unico del Vino è stato un traguardo importante, uno dei più importanti lavori di squadra fatti in Commissione Agricoltura. Purtroppo non possiamo a oggi capire se funziona veramente poiché, appunto, mancano ancora molti decreti attuativi (ad esempio quello sugli aceti, o quello sui consorzi) che lo rendano completamente operativo. Solo quando sarà completamente operativo riusciremo a capire se funziona e, nel caso, ad aggiustare il tiro.
PD (Luca Sani)
A proposito dei decreti attuativi, io ho un monitoraggio a metà gennaio. Ne sono stati adottati due a fine settembre e due a novembre 2017. Come sempre succede la fase più critica delle grandi riforme è quella dei decreti attuativi, ma so che il ministro Martina sta facendo di tutto per chiudere la partita della decina di decreti mancanti.
Registro telematico del vino
Entrato in vigore insieme al Testo Unico del Vino (l'obbligo è, però, scattato dal 30 giugno 2017), è lo strumento che digitalizza e manda in pensione il vecchio registro cartaceo. Tutti favorevoli?
FI (Paolo Russo)
Siamo favorevoli alle condizioni di modernità che rendono anche maggiore certezza sul piano dei controlli, ma occorrono i tempi giusti affinché questo non diventi uno strumento ammazzacantine.
M5S (Chiara Gagnarli)
Credo sia una cosa importante. Perché per la prima volta abbiamo “La Cantina Italia”, anche se sono esclusi i produttori più piccoli (operatori sotto i 50 hl/anno); perché ci permette di conoscere la nostra ricchezza e le sue caratteristiche; perché ci permette di capire come si sposta il vino fuori e dentro l’Italia. Questo elemento, considerando che il registro viene aggiornato circa ogni venti giorni, potrebbe essere molto utile per fare analisi di mercato più precise e allo stesso tempo controlli più mirati.
PD (Luca Sani)
Il registro telematico ha costituito un indubbio elemento d’innovazione, che ha contribuito a migliorare il rapporto fra aziende e ministero. Ci sono stati intoppi, anche fastidiosi, lo capisco, nell’avvio delle procedure, ma questo non può far velo all’utilità ed efficacia del nuovo sistema. L’importante, in questa delicata fase di avvio, è aver richiamato gli organi di controllo a un approccio educativo più che repressivo.
Ocm promozione
Nessuno mette in discussione il valore dell'Ocm Promozione, ma quest'anno i ritardi nella pubblicazione del bando e nell'erogazione dei contributi, hanno creato non pochi malcontenti. Cosa è successo e perché?
FI (Paolo Russo)
I ritardi sono da ascrivere a una incapacità strategica del Ministero dell’Agricoltura che, sommata alle furbizie di talune regioni, determinano una debolezza strutturale dell’Italia vitivinicola sui grandi mercati internazionali. Francia e Spagna utilizzano l’occasione in chiave nazionale per entrare e vincere nei mercati esteri. Noi tra amicizie, studi professionali, titubanze e clientele ministeriali, ci siamo avvitati ormai da due anni in una sequenza di vertenze legali, che hanno reso ancor più nane le nostre aziende vitivinicole all’estero. Questa è la ragione per cui si riduce la nostra quota di mercato all’estero rispetto ai principali competitor internazionali.
M5S (Chiara Gagnarli)
I ritardi sui bandi sono purtroppo dovuti proprio a una mancata collaborazione e chiarezza tra vitivinicoltori, Regioni e Ministero, e questo ci ha fatto perdere molto tempo dal punto di vista della promozione rispetto ad altri Paesi: in molti ci chiamano e lamentano ancora ritardi nei pagamenti, pagamenti dovuti, con i quali le aziende si sostengono, attraverso cui investono anche a lungo termine per il proprio futuro, ma che poi, per il malfunzionamento del sistema, non arrivano a destinazione, mandando in crisi quelle stesse aziende. Con noi sicuramente ci sarà la sburocratizzazione di questi passaggi, in modo da renderli più fruibili e facilmente gestibili.
PD (Luca Sani)
Bisogna essere onesti, e va ammesso che si è inceppata ancora una volta la macchina burocratica del Ministero. Lo scorso anno c’è stato un problema conseguente ai ricorsi al Tar da parte delle aziende. Quest’anno quella vicenda ha avuto strascichi con una discussione molto, fin troppo, articolata. Sarebbe opportuno anche, però, che aziende e loro istanze associative abbassassero il tasso di conflittualità che porta ai ricorsi e contribuissero a creare un clima collaborativo con il Ministero, dato che tutti agiamo con l’obiettivo di rendere protagonista il vino italiano. Ad ogni modo, ora va chiusa la partita, perché le aziende devono essere messe in condizione di svolgere le loro campagne di promozione all’estero, e quindi devono poter accedere alle risorse pubbliche. La burocrazia è troppo spesso irragionevole.
Pac 2020
È in Europa che si sta giocando la partita sulla prossima Politica Agricola Comunitaria, con non poche preoccupazioni dovuti ai tagli dei fondi all'agricoltura post Brexit. In che modo l'Italia, a vostro avviso, deve affrontare i negoziati?
FI (Paolo Russo)
Occorre ancor di più affermare il principio della qualità e non quello della quantità. L’Italia è la terra delle eccellenze agricole, non delle distese a perdita d’occhio ed è questo ciò che dovrà essere compreso senza equivoci, se vogliamo tutelare gli agricoltori del nostro Paese.
M5S (Chiara Gagnarli)
Sulla Pac è ora che l’Italia faccia sentire la propria voce in Europa. La Brexit rappresenterà un taglio importante al bilancio europeo e il pericolo è che questo taglio si ripercuota tutto sull’agricoltura. Per questo bisogna sedere ai tavoli Europei ed impedire che ciò accada, ma allo stesso tempo provare a far sì che la prossima Pac sia scritta anche a misura di Italia e non solo degli altri Paesi europei. Ad esempio, tendendo conto che il nostro Paese non ha poche grandi aziende agricole, ma molte e molto piccole, oppure tenendo presente che è caratterizzato per il 40% da aree svantaggiate. Cose che, fino ad oggi, la Politica Agricola Comunitaria ha ignorato, producendo per noi più svantaggi,che vantaggi.
PD (Luca Sani)
La preoccupazione è mal riposta perché, anche in conseguenza della Brexit, si pensa alla nuova Pac solo in termini di riduzione di risorse. La verità è che l’Italia è portatrice di un’idea che rovescia l’approccio tradizionale per cui si pagavano sussidi un tanto a ettaro. L’agricoltura italiana è tornata protagonista a Bruxelles dopo il quinquennio dei cinque ministri dell’agricoltura diversi in cinque anni, e la nostra proposta è di legare gli incentivi alla produzione effettiva, ai servizi erogati e alle funzioni di tutela ambientale svolte dagli agricoltori, non più agli ettari posseduti. In questa logica l’Italia ha solo da guadagnare.
Chi sono i nostri tre interlocutori?
Paolo Russo (FI) è membro della Commissione Agricoltura alla Camera, di cui è stato presidente nella XVI Legislatura (dal 2008 al 2013). Vive a Marigliano (Napoli) e, per questa tornata elettorale, è candidato nel collegio plurinominale alla Camera di Napoli 1
Chiara Gagnarli (M5S) è vicepresidente della Commissione Agricoltura alla Camera. Vive a Castiglione del Lago (Perugia) ed è candidata come capolista al listino proporzionale della circoscrizione Arezzo-Siena-Grosseto
Luca Sani (Pd) è presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dal 2013. Vive a Massa Marittima (Grossetto) e, per questa campagna elettorale, è candidatoalla Camera nel collegio Toscana 4
3 proposte per i 3 schieramenti
Abbiamo scelto 3 delle proposte su cui puntano, in questa tornata elettorale, le tre coalizioni
Forza Italia
Stop alle sanzioni contro la Russia
Si è trattato di un clamoroso errore che ha penalizzato le nostre aziende agricole, paradossalmente proprio quelle più intraprendenti e che ora sono in grandissima difficoltà. È giunto il momento di smetterla di far pagare alle imprese agricole le debolezze europee sul fronte della diplomazia e su quello militare. Diremo all'Ue che la guerra è stata combattuta solo dagli agricoltori, che hanno lasciato sul campo di battaglia tutti i sacrifici fatti per affermarsi su quei mercati.
Istituzione di un ministero dell'Alimentazione in luogo del ministero dell'Agricoltura
Vogliamo chiudere la stagione della contrapposizione anacronistica tra agricoltura ed industria e costruire una grande portaerei della qualità italiana, della distintività dei prodotti e delle manifatture, delle migliaia di aziende agricole, del cibo e dello stile di vita italiano.
Istituire la legge sui reati nel settore agroalimentare
Pensiamo a tutti i plagi e le contraffazioni che mettono in serio pericolo la salute dei consumatori ed attentano alla stabilità delle aziende oneste. Sono troppe le storie che ci racconta la cronaca sui prodotti adulterati, dalle uova alla mozzarella, dall’olio al vino: un prodotto contraffatto danneggia i consumatori e mette fuori mercato un’azienda seria ed onesta, che rischia la bancarotta .
Movimento 5 stelle
Riformare Agea
Dalla sua nascita, si sono succeduti numerosi commissari e direttori, ma nel frattempo, i disagi per gli agricoltori - dai ritardi nei pagamenti alle multe salatissime, fino ai finanziamenti dati per terreni inesistenti - sono rimasti immutati. Bisogna rivedere la governance dell’agenzia, regolare i rapporti con le Regioni, mancano strumenti per misurare la capacità operativa degli organismi pagatori e dei CAA nonché sanzioni amministrative in caso di inadempienze. Sarebbe opportuno avere, anche, trasparenza dei costi e delle procedure degli organismi pagatori centrali e regionali. Insomma, la nostra proposta è rimettere le mani in tutta l’organizzazione attuale, salvando i punti di forza e tagliando i rami secchi.
Liberazione del made in Italy dalle lobby della agrochimica
Crediamo che l’agricoltura di qualità e sostenibile debba essere un obiettivo fondamentale per il nostro sistema agroalimentare. Abbiamo, per quanto riguarda l’uso dei fitofarmaci, già un piano d’azione che deve essere completato e correttamente applicato e controllato nei suoi vari punti. Si possono altresì introdurre meccanismi premiali nella valorizzazione di queste produzioni e delle imprese che intraprendono un percorso virtuoso.
Terra ai giovani
In questi anni abbiamo promosso incentivi per agevolare i giovani agricoltori nell’acquisto o nell’affitto di terreni agricoli e abbiamo portato avanti la battaglia per eliminare l’Imu sui terreni agricoli anche in affitto. Penso che l’agricoltura per essere appetibile ai giovani deve alleggerirsi di tutto il carico di burocrazia che ha accumulato in questi anni e che debba essere remunerativa, se non torniamo a far sì che il lavoro di agricoltore sia appassionante ma anche fonte di reddito, non possiamo sperare che ci sia un ricambio generazionale.
Partito Democratico
Introdurre l’educazione alimentare nei programmi scolastici
Èfondamentale che questa iniziativa parta dalle scuole perché è da lì che si assimilano corretti stili di consumo alimentare, maggiori sono i benefici in termini di salute e anche di risparmio di spesa mediche. Ad essere realisti, per problemi di bilancio vedo tutte le difficoltà dell’introduzione di una nuova materia di studio ad hoc, ritengo più percorribile inserire l’educazione alimentare all’interno dell’offerta didattica esistente.
Favorire il ricambio generazionale
Gli strumenti, in questa direzione, sono quelli adottati nel corso della Legislatura appena chiusa. Si tratta di dargli continuità nella copertura economica. Non a caso le aziende agricole condotte da giovani nel nostro Paese sono passate da 50 mila a 70 mila unità. Nell’ordine: il decreto Crescita (2014), con incentivi alle imprese agricole all’assunzione di giovani dai 18 ai 35 anni a tempo indeterminato e determinato (triennale); gli esoneri contributivi previsti con le leggi di bilancio 2015 e 2017; il pacchetto delle misure “Campo libero” con una dotazione di 160 milioni di euro; il pacchetto per l’attivazione della “Banca delle terre agricole”; la legge di bilancio 2018 che ha introdotto un contratto di affiancamento per i giovani di età compresa tra i 18 e i 40, anche organizzati in forma associata, che non siano titolari del diritto di proprietà o di diritti reali di godimento su terreni agricoli, da stipularsi con imprenditori agricoli o coltivatori diretti, di età superiore a 65 anni o pensionati.
I cambiamenti profondi hanno bisogno di tempo per concretizzarsi. Questo vale soprattutto per il ricambio generazionale: in Italia abbiamo cominciato bene e, quindi, siamo a metà dell’opera, ma soprattutto abbiamo gli strumenti operativi che vanno solo rifinanziati al momento in cui esauriranno i loroeffetti.
Lavorare sull'enoturismo
Dopo aver inserito nella legge di Bilancio la proposta dal senatore Stefàno, adesso l’obiettivo è di riempire la normativa di contenuti adeguati. Sulle infrastrutture per sviluppare il turismo enogastronomico vediamo due possibilità concrete d’intervento, che non siano demagogiche. Da una parte destinargli risorse dei Psr, dall’altra introdurre crediti d’imposta per gli investimenti dei privati.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri dell'1 marzo
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