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Spreco alimentare. In Italia 145 chili di cibo buttato procapite, ma molte iniziative cercano di sensibilizzare

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A pochi giorni dalla giornata intitolata alla prevenzione dello spreco alimentare, qual è il bilancio in Italia e nel mondo? La battaglia è ancora difficile, il valore dello spreco nel mondo raggiunge i 750 miliardi di euro. Ma anche grazie alla Legge Gadda qualcuno si muove, e le donazioni aumentano del 21%.  

Quanto sprechiamo. Gli ultimi dati in Italia e nel mondo

Contrastare lo spreco alimentare è un'urgenza di tale portata per il futuro del pianeta e di chi lo abita da meritare una giornata internazionale di sensibilizzazione sul tema. Una ricorrenza appena trascorsa, quella del 5 febbraio, intitolata alla prevenzione dello spreco alimentare, e votata alla riflessione sui traguardi raggiunti e sui piani d'intervento futuri. Il dato che si impone è legato proprio all'ostacolo più difficile da sormontare: arginare un fenomeno che oggi nel mondo raggiunge circa 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti sprecati, per un valore economico di 750 miliardi di euro. Una quantità di cibo sufficiente per sfamare 4 volte gli 815 milioni di persone che soffrono di fame. Statistiche che pesano come un macigno, anche se ricondotte sul piano nazionale: secondo il Food Sustainability Index creato da Fondazione Barilla e The Economist Intelligence Unit per valutare 34 Paesi in base alla sostenibilità del loro sistema alimentare, ogni italiano spreca in media 145 chili di cibo ogni anno. Ma l'indice che analizza le pratiche sostenibili è anche generoso nel rilevare i progressi dell'Italia dopo l'entrata in vigore della legge Gadda, di certo uno dei regolamenti più efficaci prodotti in ambito internazionale in materia di lotta allo spreco e incentivo alle donazioni (cresciute nell'ultimo anno di oltre il 21%): i miglioramenti più significativi si apprezzano indagando i processi della filiera alimentare, mentre ancora c'è molto da fare sul versante del consumo (e dello spreco) domestico. Manovre di contenimento si rendono necessarie anche per mense scolastiche e grande distribuzione, con la sorpresa di scoprire comportamenti più virtuosi tra i grandi ipermercati rispetto ai supermercati più piccoli. Mentre in tutto il Paese si moltiplicano le iniziative dei singoli, che si tratti di grandi realtà o progetti di piccole associazioni.

 

Costa Crociere 4GoodFood

Prosegue, per esempio, il progetto varato l'estate scorsa da Costa Crociere, che nel frattempo ha trovato un nome per identificare l'idea: 4GoodFood è l'insieme di attività volte a ridurre del 50% gli sprechi a bordo delle navi della compagnia, entro il 2020. Con il contributo dell'intero equipaggio e partendo dall'elaborazione dei piatti serviti durante la navigazione, ripensati con la collaborazione dell'Università di Pollenzo (che ha formato 2400 addetti alle cucine). Ma in questo pacchetto rientra anche l'accordo con Banco Alimentare per ridistribuire le eccedenze non consumate a bordo, prese in consegna in porto e trasportate alle associazioni bisognose.

 

Il cibo che serve

Nella Capitale, invece, esordisce il progetto Il cibo che serve, a cura delle Acli (associazioni cristiane dei lavoratori italiani) provinciali di Roma. L'obiettivo è quello di recuperare e ridistribuire pane e cibi freschi commestibili di prossima scadenza, attraverso la rete solidale organizzata dalle Acli di Roma, tra municipi, realtà produttive e associazioni solidali. A sostegno l'app Romacheserve e 6 presidi sociali dislocati sul territorio metropolitano.

 

Ripensare il rapporto col cibo. Cibo Vestitivo a Milano

Alla sensibilizzazione sul tema, invece, si dedica il progetto Cibo Vestitivo, nell'ambito della mostra 999 domande sull'abitare in corso alla Triennale di Milano. L'idea del designer Alessandro Guerriero mette insieme 4 artisti e 4 chef, chiamati a interpretare il nostro rapporto col cibo da una diversa prospettiva, per rispondere alla domanda “E se il cibo a cm zero migliorasse il nostro stile di vita...”. Stimolando così gli spettatori a riconsiderare la memoria del cibo, l'interazione con i ritmi della natura, il tema della decomposizione e dell'origine degli alimenti. Nella pratica 4 abiti food creati sotto gli occhi del pubblico, che si avvicenderanno in esposizione nel mese di febbraio e marzo (a partire dal 9 febbraio). Agli chef coinvolti – Pietro Leemann, Elio Sironi, Fabrizio Cadei, Roberto Conti – il compito di ideare una ricetta sul tema da servire take away agli ospiti della rassegna.  


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