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Food Act. Ecco il piano del governo per la ristorazione di qualità

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10 punti per la ristorazione italiana di qualità. Ecco il Food Act presentato dal Ministro Martina a Milano. Il dialogo tra istituzioni e chef è aperto. Ora è il momento di mettersi all'opera.

Ci ha pensato Carlo Cracco a segnalare come, a parità di licenza, il lavoro di uno può differire radicalmente da quello di un altro. E non si tratta solo di fare una cucina, per così dire, alta o bassa. È il concetto di qualità che viene tirato in ballo esplicitamente nel Food Act presentato a Milano nel Secondo Forum della Cucina Italiana del 28 luglio, un concetto tanto fondamentale, quanto evanescente. Servirebbe uno statuto, “i panettieri stanno definendo una specie di protocollo di qualità” dice il pasticcere Corrado Assenza. Per altri, è il caso di Massimo Bottura e Davide Scabin, la qualità è presto individuata: “basta avere il coraggio di stilare una graduatoria, che è anche il traino mediatico che genera incoming turistico” dice Scabin. “Capire chi fa bene all'Italia e chi no” aggiunge Marco Stabile. Sia Cristina Bowerman che Corrado Assenza concordano sulla necessità di costituire un gruppo che lavori in rappresentanza di tutti, e non di un singoli, per avere un interlocutore forte, “al contrario di oggi che siamo irriconoscibile, irraggiungibile e non riferibile” dice Assenza. “Non un albo professionale, ma un gruppo con uno statuto di qualità”.

 

Il Food Act

Il Food Act è il piano - in 10 punti - di azioni per la valorizzazione della cucina italiana: "un patto tra le Istituzioni e il mondo della cucina italiana di qualità. Un’azione di squadra, di sistema per lavorare meglio sulla valorizzazione del Made in Italy agroalimentare” dice il Ministro Maurizio Martina. Il piano di lavoro definisce le tematiche da affrontare, le istituzioni coinvolte e i capofila per ogni punto: “per raggiungere gli obiettivi, nasce il Forum della cucina italiana come organizzazione permanente di lavoro e confronto fra le esperienze dell'alta cucina di qualità italiana e le principali istituzioni interessate”. Tre appuntamenti l'anno, e il coinvolgimento di una task force inedita per sviluppare iniziative per valorizzare cucina ed eccellenze italiane nel mondo, la ristrutturazione della formazione e del sistema degli stage, il sostegno per le nuove giovani imprese ristorative, il turismo, la filiera, il sostegno alle attività che fanno qualità, un nuovo approccio alla cucina che deve essere anche di tipo culturale.

 

Nel Secondo Forum il gruppo dei partecipanti si allarga. Non solo gli chef (con Assenza e i pizzaioli Francesco Salvo e Franco Pepe), saliti a 40 (“siamo troppi!” sostiene Massimo Bottura), ma anche gli interlocutori istituzionali. Perché il Ministro Martina (Miipaf) ha coinvolto, come preannunciato a marzo, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, il Ministro dei Beni, delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, rappresentanti del Ministero degli Esteri, dell’Ice e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Ma, dicono dal Mipaaf, ai lavori del Forum parteciperanno il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Anci, gli operatori e gli altri enti e organismi pubblici interessati al tema. Mai è stato visto uno spiegamento di forze così imponente e diversificato per dialogare con la ristorazione. “Si parte da un piatto” dice Corrado Assenzae arrivi a fare la rivoluzione del mondo”. E la speranza è, per una volta, tangibile. “Politica e alta cucina non hanno mai dialogato prima” dice Assenza; “una cosa futuristica” aggiunge Stabile; per Scabin “un seme prezioso che ha trovato una zolla di terra molto buona, ora bisogna farlo crescere”. E così via tra incredulità e controllato ottimismo, “speriamo nella stabilità di governo” fa Claudio Sadler. Aggiunge ancora Scabin: “siamo coinvolti a 380 gradi, ora si debbono individuare 4 o 5 punti più urgenti su cui lavorare, perché l'Expo non finisce il 30 ottobre, ma inizia il primo novembre”. È il momento di costituire i tavoli di lavoro e arrivare con proposte concrete allo step di fine ottobre. “Sono problemi pratici, servono risposte pratiche” dice Bottura.

 

Istruzione e stage

L'istruzione è uno de temi caldi (punto 4). Perché oltre alla necessità, ormai un'urgenza, di rinnovare i programmi di studio degli alberghieri (tra le scuole più ambite e più carenti ricorda Moreno Cedroni) bisogna anche approcciare in modo più completo al cibo. Risposta più che positiva da parte del Ministro Giannini che rilancia: inserire l'educazione alimentare nei programmi scolastici. Per generare un circolo che ha ricadute anche sulla sanità, soprattutto oggi che, dice Moreno Cedroni, la cucina coniuga bontà e salute, come pure ricorda Scabin. L'educazione è il primo punto su cui lavorare. Senza dimenticare che all'interno degli istituti si distribuiscono dei pasti. Si dovrebbe partire da lì per creare una filiera virtuosa.

Interviene Massimo Bottura: “Ogni giorno comprimiamo in bocconi la cultura di un territorio. Ecco perché tra i nostri interlocutori ci sono i Ministri dell'istruzione e dei beni culturali. Siamo botteghe rinascimentali. Ci sono ragazzi di tutto il mondo che vogliono conoscere quello che facciamo. E questa è ancora materia di istruzione. Rientrando nei loro paesi portano l'esperienza dei grand artigiani, casari, norcini”. E qui entra in gioco la questione degli stage (punto 5), perché occorre collegare formazione e mondo del lavoro, come dice Antonia Klugmann, “la scuola deve creare un legame con la realtà dei ristoranti”. Ma non è solo questo, come testimonia la ricerca portata da Moreno Cedroni su quel che accade in Francia e in Spagna: bisogna adeguare l'Italia al resto d'Europa perché gli stage sono fondamentali nella crescita professionale, soprattutto a fronte di programmi didattici logori. “Ma il sistema oggi è castrante, creato quando la ristorazione era molto più semplice”. Così non si permette di sviluppare un percorso formativo serio, e i vincoli sono più evidenti nel caso di ragazzi stranieri.

 

Qualità e controllo

A proposito di qualità e di controllo, è il punto 9 del Food Act che punta a tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è valido, coerente con un progetto di qualità e correttezza e ciò che, invece non lo è. Se ne fa portavoce Cristina Bowerman. “Lavorare bene deve essere conveniente per tutti” dice Bowerman già da parecchio tempo. Si dovrebbe essere incentivati e non rallentati nel seguire un comportamento virtuoso. “E per incentivati non intendo buone parole o diplomi da appendere, ma prestiti agevolati, sgravi fiscali e altre facilitazioni che rendano la qualità più competitiva. Quali siano i criteri per ottenerli dobbiamo dirlo noi, con il coordinamento di agenzie e organi di controllo e altri enti preposti. Ma” ricorda “le regole devono essere poche, essenziali e non interpretabili”. Una certificazione di qualità, per usare la definizione di Giulia Pavese delle attività produttive di Expo e della Conferenza delle Regioni, che sia anche uno sviluppo del settore e di garanzia del consumatore. Includendo anche l'ipotesi di una autocertificazione, così da facilitare il lavoro di controllo e l'orientamento del pubblico. E se poi si trasgredisce? Allora la pena deve essere doppia.

 

L'identità gastronomica

Per Davide Scabin per rafforzare l'Italia nel mondo bisogna riposizionare la nostra gastronomia e rafforzarne l'identità (punto 10) sempre più logorata dalle distorsioni dell'italian sound. E per farlo occorre codificare la cucina italiana, sarebbe meglio dire delle cucine. “Iniziamo a definire i 15-20 piatti più rappresentativi delle nostre cucine, con tanto di procedure e materie prime. Bisogna fare una fotografia contemporanea di una tradizione italiana che all'estero non è conosciuta, e dunque riconosciuta. Per farlo serve una task force che lavori in collaborazione con altri sul territorio. È un lavoro corale che finora non è mai stato fatto e invece è indispensabile per le future generazioni”.

 

Esteri

Mentre l'Ice sembra essere un referente sinora claudicante “è una struttura che ha un passo non valido, almeno fino a ora” dice Claudio Sadlerserve più scambio, agevolare gli chef che vanno fuori Italia e incentivare i rapporti con l'estero. Come Associazione Le Soste ci accorgiamo del disagio dell'Italia”. Gli chef sono ambasciatori della cucina italiana nel mondo (punto 1) bisogna valorizzare le eccellenze (punto 2) e potenziarne la diffusione all'estero (punto 3). “Essendo portatori e divulgatori di cultura in Italia e all'estero abbiamo necessità di avere al nostro fianco un gruppo di lavoro che possa trasformare l'Ice in un organo che funzioni realmente, per esempio per ridurre la burocrazia e creare un sistema forte, perché manca comunicazione tra diversi settori” dice Massimo Bottura. Pensiamo ai musei chiusi nei periodi caldi del turismo, che oggi è sempre più un turismo anche enogastronomico, bisognerebbe creare una rete che valorizzi le diverse eccellenze italiane mettendo la gastronomia alla stregua di altri patrimoni artistici e culturali (punto 8).

 

Tassazioni e burocrazia

Andrebbero riviste, servono studi di settore che tengano conto delle differenze di un tipo di ristorante e un altro”. A parlare è Marco Stabile, presidente dei Jeunes Restaurateurs d'Europe. Costi di gestione più alti, prima di tutto. “Individuare fasce contributive diverse in base al tipo di ristorazione” e agevolare la nascita di nuove imprese (punto 7) “In Italia a cosa più difficile è lo start up soprattutto per i giovani: regioni e stato dovrebbero intervenire, per esempio con prestiti”. Controlli e burocrazia sono un ostacolo, quando non sono addirittura vessatori. La sensazione diffusa è che chi dovrebbe aiutarti ti rema contro. “Snellire”, dice Scabin. “La burocrazia crea impasse già nell'ordinario, anche perché i suoi tempi non sono quelli dell'economia”. È la conclusione della Klugmann

 

Agricoltura

Questo dialogo con la ristorazione potrebbe sostenere anche i piccoli produttori” ipotizza Antonia Klugmann, “visto che noi per primi abbiamo bisogno di qualità e siamo interessati a che il cliente veda con chiarezza che tipo di offerta ha di fronte, soprattutto all'estero”. Creare dunque un rapporto più solido nella filiera (punto 6): la qualità della materia prima riguarda tutti, non solo l'alta ristorazione. È interesse di tutti che la nostra cucina sia conosciuta e amata, ma la nostra cucina autentica. “Serve una maggiore consapevolezza di categoria, e una certificazione di qualità per il cliente”. Aggiunge Sadler “Senza agricoltura non si può fare nulla. L'agricoltura deve tornare ad avere un ruolo importante nell'economia italiana, da lì nasce tutto. Per i grandi ristoranti, ma anche per l'export”.

 

I 10 punti del Food Act

1. CHEF AMBASCIATORI DELLA CUCINA ITALIANA NEL MONDO

Obiettivo: Un'azione di promozione sui mercati esteri coordinata con il Piano di internazionalizzazione del Governo e identificata con il segno unico "The Extraordinary Italian Taste". Portare entro il 2020 l'export agroalimentare a toccare quota 50 miliardi di euro. In questo contesto si prevede il coinvolgimento dei principali chef italiani per promuovere il Paese negli eventi di alto valore rappresentativo. Focus specifico su Usa, Russia e Cina.

2. VALORIZZARE LE ECCELLENZE ITALIANE E LA DIETA MEDITERRANEA

L'obiettivo è rafforzare la consapevolezza delle potenzialità del patrimonio agroalimentare italiano. Coinvolgere influencer internazionali per la costruzione di un messaggio coordinato. Promuovere la conoscenza delle eccellenze agroalimentari italiane, in particolare quelle riconosciute dai sistemi di tutela pubblici (DOP, IGP e BIOLOGICO), attraverso un utilizzo in cucina che sia anche aderente ai valori della Dieta mediterranea, evidenziando allo stesso tempo la differenza con i prodotti italian sounding. 

3. POTENZIAMENTO DELLA DISTRIBUZIONE DEL VERO MADE IN ITALY AGROALIMENTARE

Obiettivo: favorire l'attivazione di piattaforme logistico distributive come strumento fondamentale per l'incremento dimensionale e competitivo delle nostre imprese. Il tema cardine è garantire un migliore approvvigionamento all'estero di materie prime realmente provenienti dall'Italia, in particolare per le reti di ristorazione italiana nel mondo.

4. ALTA CUCINA, ALTA FORMAZIONE

Sul profilo formativo è necessario colmare il gap del sistema, puntando sullo sviluppo di competenze economiche e imprenditoriali. Rafforzare i poli di formazione settoriale già esistenti e istituirne di nuovi maggiormente specializzati è una delle priorità del Food Act.

5. ESTENSIONE UTILIZZO STAGE PER LA RISTORAZIONE DI QUALITÀ

Si lavora per superare i vincoli dell'attuale legislazione attraverso la revisione delle linee guida in materia di tirocini approvati dalla Conferenza Stato Regioni che fissano i limiti quantitativi relativi al numero di tirocinanti in relazione la numero dei dipendenti delle singole aziende, senza alcuna differenziazione rispetto all'incidenza formativa dell'esperienza.

6. PIÙ AGGREGAZIONE NELLA FILIERA E NELLA RISTORAZIONE

Il piano sosterrà le aggregazioni nella filiera mediante le reti d'impresa attraverso strumenti come il credito d'imposta proposto con "Campolibero". Verrà studiata la sua estensione a imprese operanti nel settore della ristorazione, verificando la compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e il fatto che si tratta di imprese, di norma micro e piccole, che operano nel commercio la cui competenza esclusiva è delle Regioni.

7. DARE CREDITO ALLA CUCINA ITALIANA GIOVANI

Uno dei punti cardine riguarda lo sviluppo di strumenti di credito idonei a soddisfare le particolari esigenze del mondo della ristorazione di alta qualità. Favorire, anche in accordo con le Regioni, condizioni di credito agevolato da rivolgere ai giovani under 40, in possesso di particolari requisiti, per il subentro nelle aziende di ristorazione per il ricambio generazionale anche in cucina.

8. RAFFORZARE BINOMIO TURISMO-RISTORAZIONE DI QUALITA' PER PROMUOVERE I TERRITORI

Collegare l'offerta enogastronomica a percorsi turistici di qualità, promuovendo i prodotti agroalimentari dei territori, valorizzando anche i collegamenti con la ristorazione locale di qualità, l'hotelerie e il turismo culturale. Con questo obiettivo verranno individuati strumenti di supporto e coordinamento per rafforzare l'offerta turistica in chiave culturale - paesaggistica - enogastronomica. 

9. CUCINA ITALIANA DI QUALITÀ CERTIFICATA

Per valorizzare meglio la cucina di qualità si valuteranno percorsi di riconoscimento, che garantiscano il consumatore, e permettano uno sviluppo del settore orientato da politiche regionali di promozione di qualità, trasparenza, unicità dei prodotti.

10. CUCINA ITALIANA COME CULTURA, IDENTITÀ, EDUCAZIONE, INCLUSIONE

Si punta a valorizzare il legame tra cucina e cultura, identità, educazione e inclusione. Questa azione prevede la promozione di iniziative che abbiano un ampio raggio: dall'educazione alimentare nelle scuole, per la promozione di valori come la sostenibilità ambientale, la lotta agli sprechi e il rispetto del cibo, fino alla valorizzazione culturale della nuova cucina italiana. Ultimo punto è dedicato all'accessibilità anche per le fasce più deboli, dando continuità a progetti di assistenza agli indigenti.

 

a cura di Antonella De Santis

 

 

 

 

 


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